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Giordano CarloIgnazio 

CARLO IGNAZIO  GIORDANO

1817 / 1903

( Medico e liberale risorgimentale della "Giovane Italia"

 

Discorso, pronunziato dal Dott. Cosimo Lombardi, per l'inaugurazione della lapide in memoria del

                           

GiordanoCarlo lapide Min

 

(In : Carlo Ignazio Giordano nel ricordo dei suoi concittadini, Altavilla Irpina, 21 aprile 1932- X E.F., Cava dei Tirreni, 1932, pg.35/42)

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   II dott. Carlo Ignazio Giordano nacque in Altavilla Irpina il quindici di aprile 1817 dal dott. Carlo e dalla nobildonna Antonia Bruno e morì l'undici di febbraio 1903.

   Educato alla nobiltà del sentimento e del pensiero in seno all' illustre famiglia, che ha elargito alla nostra terra una rigogliosa e superba schiera di professionisti di mente eletta e di generoso cuore, crebbe sano di corpo e ricco d’ingegno. Passata la fanciullezza alla luce di sacre memorie di onorate tradizioni avite, fu avviato agli studii letterarii e filosofici presso il Collegio dei PP. Gesuiti in Benevento, dove si svelò di una intelligenza superiore, ottenendo annualmente il premio, istituito per il migliore degli alunni. I RR. Padri, ammirati di tanta prontezza d'ingegno, accarezzarono il pensiero, anzi fecero del tutto per avere Carlo Ignazio nella propria Congregazione; ma Donna Antonia, fulgida ed energica figura di sposa e di madre, non volle privarsi della gioia di questo suo unico figlio maschio e, dopo il compimento del corso di letteratura e filosofia, lo allontanò dal Collegio dei PP. Gesuiti e lo indirizzò a Napoli, facendolo iscrivere alla Facoltà di medicina e Chirurgia presso quella R. Università. Nella bella Partenope ove il desiderio di libertà era sopito ma non domo dalle feroci repressioni dei governi assoluti, Carlo lgnazio Giordano si affiliò subito alla «Giovane Italia» e divenne un tenace banditore delle idee liberali, sfidando i rigori della polizia borbonica in Napoli fino all'onorevole conseguimento della Laurea in Medicina e Chirurgia. Con la sua brillante Laurea in tasca, con la sorveglianza politica sulle spalle, con un completo corredo di studii superiori e col suo fervido bagaglio di idee liberali nella mente e nel cuore, fece ritorno in Altavilla, portandovi il soffio di una educazione civile, sociale ed intellettiva nuova. Insieme al dott. Giovanni Salerno — altra nobile figura di cittadino, poeta, filosofo, patriota e medico insigne — si diede a tutto spiano a diffondere il nuovo verbo della “Giovane Italia” fra la nostra gente attonita e sgomenta — con forbiti scritti in versi ed in prosa, nei conversarii di famiglie amiche e per la strada, senza tralasciare di adempiere i suoi doveri di medico-chirurgo con quella sapiente, assidua e disinteressata premura, che è restata proverbiale in Altavilla. I1 dott. Carlo Ignazio Giordano ebbe il coraggio di professare apertamente le sue idee liberali, di cantare la liberazione dell'Italia da tutti gli oppressori, propagandare le vittorie degli insorti contro i despoti, esaltare eroismo dei piemontesi e le gesta dei condottieri del Risorgimento Italiano, quando il solo pensarlo metteva i brividi nelle ossa. Egli, data l'autorità del suo nome, riconosciuta anche da qualche giudice di polizia, che spesso si tratteneva in conversazione con lui e spesso fingeva di non accorgersi di tanta attività politica, ebbe la ventura di far proseliti anche fra il Clero paesano, numeroso e dotto. Questo spiegamento indefesso di opera liberate gli costò numerose perquisizioni domiciliari e persecuzioni, specie dal ‘848 al 60. In una delle perquisizioni — 18 aprile 1854 — a stento riuscì a sottrarre dalle grinfe della polizia, accorsa di sorpresa in casa sua, interessanti manoscritti e corrispondenza voluminosa segreta, che disgraziatamente poi andarono perduti. Nel febbraio del 1855, benché fornito del lascia-passare del giudice De Mattia, fu costantemente sorvegliato dalla polizia, durante il suo viaggio a Napoli e per tutta la permanenza in quella città. Il dott. Carlo Ignazio Giordano “fermo coma torre che non crolla”, è instancabile a professare i suoi sentimenti patriottici; ogni occasione è buona per esprimere e propagandare le idee liberali: le nozze della signora Anna Salerno con don Carmine Severino (4 aprile 1839), l'amore al natìo loco (1849), la battaglia di Novara (1849), il vacillante trono dei Borboni (1859), l'entrata di Garibaldi in Napoli (7 settembre 1860), la presa di Capua (2 novembre 1860), l'ingresso in Napoli di Vittorio Emanuele II (7 novembre 1860), la capitolazione di Gaeta (15 febbraio 1861), la proclamazione del Regno d'Italia (18 marzo 1861) inspirano in lui vigorosi e vibranti versi, che costituiscono tante armonie di patrio amore, non disgiunte ad una forbitezza di stile e ad una profondità di pensiero. Quando fu promulgata la legge, con la quale Vittorio Emanuele assumeva per se e per i suoi discendenti il titolo di RE d'Italia, il dott. Carlo Ignazio Giordano, uomo politico e saggio, scrisse che non concepiva l’unità d'Italia senza Roma e Venezia e cantò:

“ or odo salutar libera ed una

l'Itala terra, ma Venezia e Roma

di ferri àn carchi e collo e mani e piedi “.

   Vissuto in un tempio di sana e vigorosa intellettualità, quale fu ed è la sua famiglia, educato alla severa e dotta scuola dei Gesuiti, nutrito dei studi universitarii, appassionato alle fortunose vicende ed ai moti del 20, del 21 e del 31, accorato per la triste sorte di tanti carbonari e liberali, il dott. Carlo Ignazio Giordano fu una fulgida e smagliante istituzione vivente nei riguardi della scienza, dell'umanesimo, della letteratura. del patriottismo. Un uomo d'ingegno di tanto vigore e di tanta generosità di cuore, che aveva pianto di sdegno di fronte al martirio del Pellico, del Confalonieri, del Maroncelli, dell'Oroboni, all'impiccagione di Ciro Menotti, alla fucilazione dei grandi fratelli Bandiera, non poteva che intensificare la lotta contro gli oppressori; un filosofo, un letterato, un patriota della statura del dott. Carlo Ignazio Giordano, che aveva assimilato le nuove idea politiche di Vincenzo Gioberti, di Cesare Balbo, di Giacomo Durando, che aveva avuto fremiti di entusiasmo per i romanzi del Guerrazzi e del D'Azeglio, per i canti del Manzoni e del Berchet, del Giusti, del Niccolini, del Marenco, soffusi dalla magica e possente musica di Giuseppe Verdi, non poteva che raddoppiare la propaganda patriottica e la sua pericolosa fatica di liberale. Era il periodo eroico dell' Italia: per la terra e per il mare correvano — per esaltare e spingere gli italiani al patrio riscatto — i racconti delle sventure e delle strazianti pene di tanti patrioti, insigni per intelletto, per dottrina e per singolari virtù; si incalzavano le rievocazioni di tante gesta di gloria e di ardimento dei nostri padri; echeggiavano le maledizioni dei condannati politici contro i governi assoluti; rompeva le mortifere aure il grido possente della necessità dell'indipendenza italiana! E l'indipendenza della Patria venne, e con essa l'unità, la sospirata libertà dopo tanto sangue e tanti lutti, dopo tanto eroismo e tanti atti di valore!

   Nelle nuove elezioni amministrative, il dott. Carlo Ignazio Giordano, che gia faceva parte del decurionato, ebbe una votazione plebiscitaria e fu eletto assessore anziano. Nella prima riunione consiliare (19 settembre 1861), ebbe l'onorifico incarico di redigere un indirizzo di devozione a Vittorio Emanuele II, che poi lesse, fra calorosi applausi, all'apertura della sessione autunnale e vi pronunziò un vibrante e dotto discorso patriottico. Fu un amministratore oculato, sapiente e previdente; organizzò i servizi pubblici, compilò il bilancio comunale secondo il nuovo ordine amministrativo, risolse i più importanti problemi civici: dal censimento alla statistica, alle inchieste agrarie; accrebbe il valore patrimoniale dell'Opera Pia del Corpus Domini; fondò metodi direttivi per una savia e retta amministrazione della cosa pubblica, che costituirono la buona guida ai successori.

   Il dott. Carlo Ignazio Giordano ebbe gagliarda la mente e generoso il cuore. Portava il suo contributo scientifico eccezionale a sollievo di tanti infelici; svelava il segreto lavorio di corrosione organica di oscuri morbi, con un eloquio fluido e convincente da promuover l'ammirazione dei colleghi, che lo chiamavano a consulto. Portava alto il nome della scienza anche fuori del natìo loco, destando ovunque rispetto e considerazione. Si prodigava, nell'esercizio professionale con tanto elevato sentimento di carità, e di amore, da assurgere a vera figura di apostolo. Nell'epidemia del 1854 fu indefesso e prezioso combattente; si moltiplicò in mille guise, per delimitare e distruggere il morbo malefico. Ci riuscì, sollevando dal terrore e dalla morte tante famiglie sgomente. Nel 1887 durante l'epidemia del colera, che fu di una violenza devastatrice spaventevole, la nobile figura del dott. Carlo Ignazio Giordano si aderge gigante sui cittadini, come la egizia piramide di Cheope fra le piramidi sorelle. A 70 anni, senza alcun vincolo di ufficio, gira incessantemente per i mal connessi acciottolati del paese, sale per le ruinose scale, entra nelle case dei colerosi e porta — con giovanile baldanza — il conforto della scienza, il soffio di vita, la parola d'incoraggiamento, l'assistenza benefica, la solidarietà di fraterno amore. E quando suo figlio, il dott. Carlo Antonio, medico condotto a Casalduni, gli scrive, supplicando l'avvicendamento, Egli risponde «non sia mai detto che io fugga di fronte al pericolo». E continua la sua spontanea, proficua, umanitaria opera notte e giorno, salvando un cospicuo numero di colerosi e portando il raggio di sole nelle latebre dei cuori di tante famiglie terrorizzate. Questo esercizio pericoloso della Sua volontaria missione, questa Sua multiforme volontà, questo Suo contributo benefico di scienza, questo Suo spirito di abnegazione e di sagrifizio, in cosi tarda età, sono riconosciuti appieno dal patrio Governo, il quale decreta il dott. Carlo Ignazio Giordano cittadino benemerito e gli fregia il petto con la medaglia di bronzo, istituita con IL D. 28 agosto 1867 N. 8872.

   L'ambita onorificenza premiò l'insonne fatica del venerando vegliardo altavillese, che a settant'auni, alla luce di un fioco lume, portato dal fido colono — Saverio Severino — per rompere le tenebre delle tragiche notti, ebbe il coraggio e la forza di affrontare la morte a viso aperto e ridonare la vita alla disgraziata genie, macerantesi su putridi giacigli. Sembra leggenda, eppure è storia di ieri, sembra una favola orientale di antichi tempi, trasfigurata per esaltare un uomo, eppure è storia viva e palpitante; sembra un mito, eppure è storia moderna, è eroismo vissuto!

   Il dott. Carlo Ignazio Giordano fu di carattere fermo, di dignitoso sentire; sprezzò il tornaconto personale come la cosa più vile e spese le sue inesauribili energie per il pubblico bene. Si dimise dalla carica di medico condotto, per elargire il tesoro del suo ingegno e della sua esperienza all'amministrazione civica, mantenendo le sue dimissioni anche quando la Corte di Appello aveva confermato l'eleggibilità. Il pensiero e l'azione gareggiarono in Lui, in tutte le manifestazioni della vita, volte sempre al progresso, all'incivilimento, al benessere della collettività, Fu educatore di diverse generazioni di Altavillesi e mantenne vive le manifestazioni folkloristiche paesane.

   Aristocratico nell'abito e nel portamento, alto di statura, conversatore piacevole dal facile adattamento all'intelligenza dell'uditore, veniva sollecitato dovunque, per il godimento che provocavano la sua signorile figura e la fluida facondia, per il sollievo morale che determinava il Suo equilibrato suggerimento. La clientela numerosa e devota, si gloriava averlo suo medico di fiducia e saggio consigliere. Fu un marito affettuoso ed amabile compagno di vita della nobildonna Gaetana Severino, che circondò di fervida adorazione; fu un padre di grande amore: educò i Suoi figli al culto dei più elevati sentimenti umani: all'adempimento dei doveri sociali, al sacro rispetto della famiglia, alla devozione verso la Patria, ad ogni civile virtù, alla continua ascesa nelle sfere dell'intelligenza e dell'umano sapere. I Suoi due figli maschi — l'avv. Giuseppe, consigliere della Corte di Cassazione in Roma, autentica gloria della Magistratura italiana, rapito troppo presto ai vivi, ed il dott. Carlo Antonio, che ancora ci conforta della sua scienza, e della, sua paterna sociale assistenza e che è un clinico insigne, un letterato ed uno studioso di storia della terra d'Irpinia — stanno a testimoniare l'eletta impronta educativa, impressa nella mente e nell'animo della Sua prole dal non mai abbastanza compianto dott. Carlo Ignazio Giordano.

   Oggi — Natale di Roma — giornata che il Duce del fascismo ha elevata a, ricorrenza di solennità civile e l'ha segnata come celebrazione della festa del lavoro e della Leva fascista, perchè Roma è stata la maestra insuperata di ogni umana disciplina, la sorgente luminosa di ogni eroica grandezza — oggi, inaugurando la lapide in ricordo del dott. Carlo Ignazio Giordano, tramandiamo ai posteri la vita e le opere di un italiano, che ebbe la possanza del seminatore dal largo gesto del romano antico e la vigoria dell'ingegno imperiale. Su questa tavola marmorea è segnata la dominante figura di un grande, che cercò e trovò nella lotta contro i mali di ogni sorta, il motivo della Sua intelligenza, — nella scienza il maggiore conforto della mente, — nella fede e nella giustizia il diletto dello spirito, — nella famiglia il sollievo del cuore, nell'amore sconfinato verso la Patria e la natìa terra il significato della vita.

                                  COSIMO LOMBARDILOGOridotto