( Da un opuscolo a stampa. Testo di Luigi Severini di Michele ) (1)
DEL
Cav. DOMENICO BRUNO
(1824-1899)
(farmacista, capitano della guardia nazionale, giudice conciliatore)
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Rilevare la figura di un venerando cittadino, che la Parca inesorabile testé ci ha rapito, non è cosa agevole per chi, fedele milite della sua bandiera, ha animo profondamente addolorato per tanta perdita.
Si, Domenico Bruno, in Altavilla, era una bandiera, sulla, quale era scritto: integrità, onestà, bene pubblico — e perciò tutta la cittadinanza lo amava, lo stimava e gli obbediva.
Il Cav. Domenico Bruno nacque in Altavilla Irpina, il 27 febbraio 1824, da Beniamino e da Rosa Marino.
Poco più che ventenne, nel 1846, allievo del famoso Mammone Caprio, si abilitò farmacista. Con quanto successo abbia esercitata tale professione nel suo paese, è noto a tutti. L'esercizio della farmacia non era per lui un'industria, egli non voleva speculare sulla sventura e sugli sventurati: la sua farmacia era il dispensario gratuito per i poveri, che, oltre alle medicine, ricevevano pure soccorsi in danaro, per aiutarsi nelle loro infermità. Di agiata famiglia, giovane e di gentile aspetto, seppe guadagnarsi ben presto la pubblica simpatia e, nel 1848, venne eletto alfiere della Guardia Nazionale.
Non seppe, come tanti altri, essere gesuita a tempo opportuno e, credendo sinceri i sentimenti liberali della dinastia del tempo, non pensò a nascondere la propria soddisfazione nel veder realizzati gl'ideali di libertà, da lui coltivati, onde, poco dopo, mutatosi indirizzo politico, scioltasi la Guardia Nazionale, egli fu inscritto fra gli attendibili.
Nondimeno, quel Governo, che mirava non solo a frenare il pensiero, ma anche ad alleggerire la borsa, lo volle Percettore ed è da tutti risaputo quanto tale ufficio fosse oneroso ed odioso! Pure, non poteva rifiutarsi!
Appena spuntata l’alba della liberta, Domenico Bruno si trovò in prima fila e nel 1860 fu eletto Capitano della Guardia Nazionale.
Si deve a lui ed a pochi altri — fra i quali il Sindaco del tempo, Gaetano Severini uomo di antica probità — se nel paese non attecchì la reazione borbonica, se non si trascese ad inconsulte e pur sollecitate vendette personali, che si volevano colorire col sentimento politico.
Possessore di un pingue patrimonio, fu appassionato dell’agricoltura razionale; e Presidente del Sotto-Comizio Agrario, col suo esempio — seguito dal figlio, cav. Beniamino — invogliava i coloni ed i contadini a modificare il sistema di coltivazione, facendone toccar con mano i vantaggi.
Più volte Giudice Conciliatore, seppe, con energia ed equanimità, tenere alto il prestigio della giustizia, rispondendo con sommo decoro al fine dell' istituto.
Mai negava il suo intervento nelle controversie private; intervento che, mentre conferiva onore, ridava pace e tranquillità.
Parecchie volte Presidente della Commissione delle imposte, seppe contemperare la legittima e doverosa tutela dei reclamanti con le crescenti esigenze del fiscalismo.
Benefico di natura, largo di soccorsi con i derelitti, fu prescelto a Presidente della Congrega di Carità.
Chi non ricorda l’opera instancabile di Domenico Bruno nel colera del 1887? Chi non ricorda la ressa che, in quei giorni luttuosi, si faceva alla sua farmacia? Ed egli, che, nell'interesse della propria salute, avrebbe potuto, come molti altri, fuggire l’ambiente pestifero, andandosene nei paesi vicini o nelle sue ville, volle restare in paese, per impartire soccorsi agli infelici attaccati dal morbo, e per alleviare. con magnanima abnegazione, le angosce delle famiglie superstiti.
Più volte Sindaco del paese, la sua amministrazione si distinse sempre per saggezza ed onestà.
I lavori pubblici, di utilità permanente e di beneficio alle classi lavoratrici, ricevevano da lui un impulso vigoroso. Proporzionando i mezzi al fine, egli non trascurava il bello in armonia coi tempi moderni. E in tal modo, il palazzo baronale fu trasformato in comodo ed igienico locale scolastico; la casa municipale acquistò aspetto più decente, e si compirono molti lavori stradali.
Nelle pubbliche feste come nelle pubbliche calamità, nelle contese fra cittadini, Domenico Bruno faceva sempre spiccare la sua distinta personalità; bastava la sua voce per entusiasmare; bastava la sua presenza per tranquillizzare. Generoso sempre, specialmente con gli avversari, questi si conciliavano con lui con un semplice saluto.
Riuscì talmente ad accattivarsi la pubblica stima, da conseguire un'ascendenza morale insuperabile su tutta la popolazione, che gli obbediva volentieri e lo seguiva con amore. Spesso, la sua formava la pubblica opinione.
Né questi sono i soli meriti di Domenico Bruno; fu anche eminentemente socievole: qualunque forestiero capitasse in Altavilla ed avesse la fortuna di avvicinarlo, se ne distaccava con 1'interna soddisfazione d'essersi imbattuto in un galantuomo, giacché per tale il suo nome era conosciuto in tutta la provincia.
L'incivile, barbara, stupida commedia dell' 11 dicembre 1893, (i cui promotori ricorderanno con perenne rimorso) segnò la fine della sua vita pubblica.
Questi è 1'uomo, che S. M. il Re d'Italia aveva da molti anni insignito della Croce di Cavaliere della Corona d'Italia, e che, ieri, presso al suo 76° anno, scomparve dalla scena della vita.
Oggi le autorità, gli amici, gli avversari, tutta la popolazione ad onta del tempo cattivissimo, ne accompagna riverente, la salma.
Possano i suoi figli - Beniamino ed Amalia - trovar conforto nel pensiero che la memoria del loro padre virtuoso, rimarrà imperitura nel cuore dei suoi concittadini e di quanti lo conobbero!
Possano essi trovar conforto all'intenso dolore, ricordando spesso ai loro fanciulli la vita del loro venerando genitore!
Possano i nipoti ispirarsi in essa ed imitare le eminenti virtù dell'avo!
Altavilla Irpina, 9 Dicembre 1899.
Luigi Severini fu Michele
1) L’opuscolo, composto in occasione del necrologio, si compone di quattro facciate, non ha un frontespizio né alcun riferimento editoriale o di stampa. Sulla copertina, in alto, riporta a penna la data: 9 dicembre 1899.