Parole pronunciate dal dott. Cosimo Lombardi sulla bara del compianto
Ten. Colonnello d’Artiglieria Capone Cav. Uff. Spartaco
il 10 gennaio 1932
Capone Spartaco (1881-1932)
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Il testo di questo articolo - dattilografato ma anche mutilo in alcune parti e piuttosto sbiadito - fu consegnato anni addietro, dal Sig. Armando Musco, alla Biblioteca “Caruso” di Altavilla. A causa del suo cattivo stato di conservazione è stato da noi trascritto per una maggiore comodità nella lettura.
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Dopo le accorate espressioni dell’egregio avv. Principe, non avrei nulla da ricordare; ma il rimpianto del popolo Altavillese è così profondo che trova solo conforto nell’ulteriore indugio dei ricordi dell’Estinto. La fulminea notizia della morte del T. Colonnello d’Artiglieria Capone ingegner Spartaco ha sospeso ogni attività cittadina, ha interrotto il ritmo del lavoro nelle miniere di zolfo, di cui l’Estinto era Presidente Onorario; gli operai, piangendo, hanno raccolto gli indumenti personali e, pallidi, sono sbucati dalle cavernose visceri della terra, divenuta ad un tratto anche questa muta a sì ferale novella, per venire in paese a confondere le proprie lagrime con quelle della sgomentata popolazione. Non sciuperò, con le mie parole, le grandi doti dello scomparso; Egli ha scritto il suo nome nell’auree albo degli Ufficiali del R. Esercito, che hanno portato in alto il valore e lo spirito di sacrifizio dell’Italia in guerra ed in pace, fuori e dentro i confini patri. Egli fu modesto fino allo scrupolo, pur coprendo cariche di elevata importanza; furono predominanti in lui due virtù, che sono tanto facili ad esprimere e pur tanto difficili a coltivare. L’attaccamento incondizionato al proprio dovere e l’affetto sconfinato verso la nobile consorte, i figli ed i suoi consanguinei. Seppe sempre dominare la forza del sentimento per essere più ligio ai suoi delicati servigi e sempre pospose l’intima gioia familiare al disimpegno degli elevati incarichi, confidatigli dal R. Governo. Figlio del non mai abbastanza compianto On. Federico il quale fu una tempra di artista geniale e di uomo politico non comune, patriota fervente e possente agitatore della fiaccola dell’Unità nazionale Spartaco Capone ereditò da quel gran cuore paterno la devozione pura ed incessante verso la Patria e lo spirito di abnegazione, spinto a qualunque sacrificio. Durante la guerra, mentre il Grande D. Federico peregrinava insonne per le altitudini della sua terra, come se avesse voluto spiare, attraverso il cielo senza confini, l’alato trionfo dell’Italia guerriera, ( per cui tanta parte della sua vita e dei suoi averi aveva profuso ) la sua prole si cimentava ai confini della Patria, per debellare il secolare oppressore. Spartaco Capone, sotto l’onorata uniforme di capitano di artiglieria, dirigeva, impavido, i tiri della sua batteria, fra l’imperversare della bufera di proiettili nemici, contro le munite difese avversaria del Carso, di Bosco Cappuccio e di Monte Fortim. E fu appunto in questo difficile periodo bellico, in cui si verificavano gli scoppi dei proiettili nei cannoni, che il capitano Spartaco fu urgentemente chiamato dal Ministero della Guerra a sorvegliare gli stabilimenti militari dell’Emilia Romagna, per una più accurata confezione dei proiettili e degli strumenti di guerra. Lasciò il fronte a malincuore, per raggiungere la nuova delicata destinazione, perché costituiva il suo titolo di orgoglio combattere sulle vie, che menavano a Trieste, meta sospirata dal padre suo e da ogni italiano. Era uscito dall’Accademia militare di Torino, dove rifulsero le sue qualità di tecnico e di esperto dell’Arma. Mentre era di stanza a Bologna, si laureò in Ingegneria civile con lusinghiera votazione, presso quella R. Università. Disimpegnò, con onore e con senno, i più onerosi compiti, confidatigli dal patrio governo, tanto da essere destinato a dirigere i più delicati istituti, affidati all’Artiglieria del Ministero della Guerra. Fu direttore del Laboratorio pirotecnico di Capua, componente di non poche commissioni tecniche nazionali ed intere alleate, un apprezzato membro della commissione di controllo degli armamenti in Austria-Ungheria ed ultimamente fu chiamato all’importante Ufficio Progetti della direzione superiore del servizio tecnico di Artiglieria, presso il Ministero della Guerra. In ogni carica, profuse il tesoro del suo ingegno, appagando appieno la fiducia, che il R. Esercito in Lui ripose. Oltre ad essere un valente ingegnere ed un ricercato tecnico ed esperto, fu uno dei più acclamati ufficiali italiani nei campionati internazionali di scherma per Ufficiali-: non poche volte, con le sue personali vittorie, fece sventolare, sulle antenne degli Stadi esteri, il fulgido tricolore italiano. Dovunque fu inviato a segnare il nome della Patria, là, Spartaco Capone impresso il cammino glorioso e le virtù dell’italica gente.
Con questi brevi e poveri ricordi, non abbiamo pretese di tessere l’elogio funebre, ma abbiamo voluto scaldare i nostri cuori ad una fiamma ardente di un generoso e di un eroe ed apprendere la via diritta dell’amore e del dovere da chi spese e consacrò le sue migliori energie nell’adempimento del proprio dovere e seppe tenere sempre in alto il sacro nome della Patria al di qua ed al di là delle alpi. E questa fiamma purissima, che oggi pare spenta davanti ai nostri occhi umidi, arde perciò possente nei cuori trafitti di una nobildonna Lea Benati di tre giovinezze in fiore Ferdinando, Miryam e Flora circondati dalla muta angoscia dei fratelli e delle sorelle dello Scomparso.
Colonnello Spartaco Capone, se breve fu il cammino dell’esistenza vostra e foste sottratto troppo presto all’affetto familiare, molto e bene avete operato per la crescente gloria della Patria, per l’onore della vostra nobile famiglia della terra, che oggi accoglie le vostre mortali spoglie.
Colonnello Spartaco Capone, mentre stamane Altavilla ha reso il più devoto omaggio al vostro valore ed alla vostra bontà, Iddio Vi ha conservato il posto dei generosi nello splendore degli Spazi infiniti!
Colonnello Spartaco Capone, Valete!