Abolizione della feudalità (1)
Predica del Canonico della Collegiata (arciprete dal 1809 al 1825) Don Saverio Bruno
« E' certo che i Baroni per lo passato si son portati da tiranni «verso i loro vassalli, e non già come Padri, come testifica De Franchi nella decisione 197 n. 17, sì perchè per la maggioranza della nobiltà terrena, e per i beni di fortuna non dovevano aggravare, angariare, e conculcare con maltrattamenti i poveri amati di Cristo, e raccomandati come la propria persona: quod uni ex istis iunimis fecistis, mihi fecistis (2), essendo nati, creati da S. G. M. a propria sua immagine, e somiglianza. Alcuni Baroni solevano affliggere i vassalli in varie maniere con diversi pesi ed obbligazioni, e fra l'altro li forzavano nel vendere, nel comperare, o in altro modo di contrattare i loro beni e di nigoziare avessero dipeso dal loro arbitrio, volendo che quando si dovevano vendere, se li doveva rivelare, e che non era lecito a compratori asportarli senza loro licenza; ed alle volte ancora li forzavano a vendere ad essi Baroni medesimi a prezzi tassati a loro arbitrio, con rivenderli poi ai medesimi al prezzo che volevano, con diverse pene pecuniarie, ed anche corporali a controventori: oh, che bravi Padri e Protettori! Perciò molti erano forzati abbandonare la agricoltura, le massarie, ed industrie della campagna. Sono stati soliti molti Baroni, ed utili Padri, forzare i loro vassalli, e proibire di cuocere il pane in altri forni con pigliarsene un certo che di pagamento: per il ius furni, come ancora che il grano macinato non si fusse in altri mulini, se non se nei loro, che le olive si fussero triturate solamente nei loro trappeti. Altri Baroni proibivano ai loro vassalli, che non potevano alloggiare Passaggieri o Forastieri nelle loro case, e che i vassalli non potevano tenere taverne o osterie nelle loro case, se non quando erano piene le taverne o osterie di detti Baroni. Hanno preteso per lo passato alcuni Baroni ed utili Padri, scusandosi nell'imporre nuovi servizii e nuove angarie ai vassalli col velo, che nei privilegi, che tenevano delle città, terre, castelli, casali e ville, li erano state concesse coll'angarie, e perangarie, fòrni, trappeti ed osterie. Allegramente, popolazione di Altavilla e popolazioni di tutto il Regno, è abolita la legge della feudalità, è restata distrutta la tirannia dei Baroni, è finito il vassallaggio, e la schiavitù di tante popolazioni baronali! Tutti siamo sotto l'immediata protezione del nostro Augustissimo e Clementissimo nostro Sovrano D. Giuseppe Napoleone, che Dio Feliciti per lunghissima serie di anni colla Real Famiglia! Son fenite perciò l'angarie e perangarie, son tolti i diritti abusivi e i iussi lesivi ai diritti della libertà dell'Uomo, che lo riducevano infelice, e schiavo di un altro suo simile. Oh, sagrosanta, salutare, e provvidissima legge del nostro Sovrano! Saremo, in avvenire, saremo tutti uguali. I Baroni saranno considerati, come ogni galantuomo del paese, e per conseguenza non potranno più usare menoma tirannia sugli uomini dei loro feodi, perchè se n'è distrutto il nome. Popolo di Altavilla, ne l'avete capito i vantaggi? Ammiriamone la sapienza e la clemenza di chi governa. Cittadino, sei in stato di fabbricar molini, alloggiamenti, taverne? E' in tua balia, è in tua libertà! Ricco, povero, gioisci; ma gioisci più, o povero, perchè non pagherai più quanto presto testa, fuoco, e braccia, e sarai esente da altri pesi: chi possiede, pagherà: non ti sarà caricata più l'industria, onde potrai negoziare a tuo talento. Ne avete capito i vantaggi? Ammiriamone la sapienza e la clemenza di chi governa. E così conchiudo: gioisci, o povero, gioisci, o ricco, gioiscano tutti fuor di misura, cantando con ilarità di animo questi versi: dicite io (3) Pean,Populi, et felicia regna — dicite laetitia, non capiente modum.
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- (1) Dal manoscritto originale, rinvenuto e conservato nell'Archivio di Michele SEVERINI
- (2) " Cum enim uni ex minimis meis fecisti mihi fecisti " ( Sant' Agostino, De disciplina christiana)
- (3) Gridate Evviva (Ovidio).