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Mario Garofalo
LA NASCITA DEL MOVIMENTO SINDACALE
IN IRPINIA
(Rassegna Storica Irpina – Vol. 3-4 – 1991 pp. 127-140)
I. Le strutture economiche
Il movimento operaio ebbe in Irpinia uno sviluppo tardo, non solo rispetto ad analoghi movimenti delle regioni centro-settentrionali, ma anche verso quelli delle limitrofe aree urbane e rurali delle Puglie e del Napoletano, che a cavallo dei due secoli già facevano registrare un saldo assetto organizzativo, cimentato e collaudato in un decennio di dura lotta antipadronale. Le cause del ritardo e del dislivello erano certamente dovute alle arcaiche e misere condizioni dell'Irpinia, nelle cui fragili strutture economico-sociali non si era potuto sviluppare un movimento contadino ben delineato négli obiettivi -come invece era accaduto in Puglia dove fortissima era la presenza di un bracciantato agricolo di massa e di manodopera salariata (1) - né tanto meno una organizzazione operaia politicamente orientata - come a Napoli e nell'hinterland partenopeo dove massiccia e agguerrita era la concentrazione di proletariato industriale e incombenti i fermenti di uno sterminato sottoproletariato cittadino (2).
Tra le province più povere del Mezzogiorno interno, il Principato Ultra aveva la sua fonte primaria di reddito nei proventi di un'agricoltura grama, faticosamente esercitata su terre avare e infeconde, per lo più di natura argillosa e dalla morfologia collinare e montana; un'agricoltura arretrata ed irrazionale, quasi esclusivamente a produzione cerealicola, salvo qualche rara coltivazione di tipo intensivo (come nell'avellinese, nel montorese e nel baianese), che non aveva mai imboccato la via della cooperazione o dell'esperimento associativo e aziendale, né si era giovata di alcuna forma di investimento produttivo, finendo così con l'elargire redditi non remunerativi, spesso men che di sussistenza, soprattutto a partire dalla grande crisi agraria degli anni '80 (3) .
Nelle attività agricole era impegnato "circa 1'80% di tutta la popolazione, perocchè -come osservava un attento e dotto studioso dell'epoca - non vanno considerati solo, come popolazione agraria, i possessori delle terre, coloro che la coltivano e taluni operai avventizi, ma anche tutti coloro che vivono delle piccole industrie e dei piccoli mestieri, che servono più o meno direttamente all'esercizio dell'agricoltura" (4).
Di qui una realtà agraria che, apparentemente statica, al suo interno pur presentava complesse e contraddittorie manifestazioni connesse alla stratificazione ed ai rapporti sociali nelle campagne. Accanto ad una frammentazione e polverizzazione della proprietà terriera in sterili appezzamenti -spesso gravati da ingenti debiti ipotecari - conviveva il fenomeno di una agricoltura a carattere estensivo - capitalista, accentrata nelle mani di grandi proprietari e formatasi attraverso un processo di capitalizzazione demaniale avvenuta fin dai tempi delle quotizzazioni (ad esempio nell'Arianese, nella Baronia, nell'Alta Valle del Calore e nella Valle dell'Ofanto) (5).L'occupazione agraria,coperta in massima parte da braccianti e salariati (giornalieri, contadini obbligati, mandriani, bifolchi, pastori, taglialegna) -con una percentuale media del 51,10 sull'intera popolazione addetta-assicurava a mala pena un reddito medio di sopravvivenza, che per circa 200 giornate lavorative annue non superava le 300 lire.
- Sulle lotte contadine e operaie in Puglia cfr. come primo orientamento F. BARBAGALLO, Stato, parlamento e lotte politico sociali nel Mezzogiorno (1900-1914), Napoli 1980, pp.129-134, 223-239.
- Sulla classe operaia napoletana cfr. M. MARMO, II proletariato industriale a Napoli in età liberale (1880-1914), Napoli 1978
- Sulle condizioni agrarie della provincia di Avellino a cavallo dei due secoli cfr. Inchiesta Parlamentare sulle condizioni dei contadini nelle province meridionali e nella Sicilia, vol. IV, Campania - Relazione del delegato tecnico prof. Oreste Bordiga, Roma 1909.
- S. Capone, Osservazioni., in Atti del Consiglio Provinciale di P. U. 1895-96, Avellino 1896, pp.242-243.
- Cfr. S. PESCATORI, Cause e rimedi del disagio economico nella nostra Provincia, in "Rivista economica della provincia di Avellino", n.5-6, pp.18 ss.
T A B . I (*)
Addetti all’agricoltura in Irpinia nel 1901 e nel 1911
SOTTOCLASSI |
OCCUPATI |
|
1901 |
1911 |
|
Agricoltori che conducono terreni propri |
42.8196 |
28.431 |
Enfiteuti, utilisti |
1.997 |
1.3527 |
Fittavoli |
20.245 |
15.462 |
Mezzadri, coloni |
16236 |
10.769 |
Contadini obbligati |
18.362 |
2.485 |
Giornalieri |
58.908 |
97.613 |
Ortolani |
257 |
214 |
Giardinieri |
79 |
66 |
Boscaioli |
161 |
408 |
Taglialegna |
631 |
1.599 |
Mandriani, bifolchi, pastori |
3.330 |
2.366 |
Fattori |
45 |
70 |
Totale degli addetti |
163.070 |
161.010 |
*- Fonte: MINISTERO DI AGRICOLTURA, INDUSTRIA E COMMERCIO, Direzione Generale della Statistica e del Lavoro, Censimento della popolazione del Regno d'Italia al 10 febbraio 1901, Roma 1902,111, pp.32-33; Censimento... al 10 giugno 1911, Roma 1914, vol.IV, pp.494-95.
Tapine e di sussistenza erano anche le condizioni di quelle categorie legate alla terra da meno instabili rapporti, come fittavoli, coloni, mezzadri, enfiteuti, ecc., oberati da fitti esosi e costretti, per effetto di scannatori patti colonici, a cedere gran parte del prodotto al proprietario, che talvolta ritirava, oltre la quota spettante, anche quella del colono a sconto del suo debito per l'affitto del seminato.
Praticamente inesistenti, poi, erano insediamenti industriali di tipo moderno. I dati della Statistica industriale del 1903 e le risultanze del Censimento degli opifici e delle imprese industriali effettuato nel 1911, pur nel loro insieme indicativi di una situazione in movimento di crescita, sono tuttavia ingannevoli e non del tutto attendibili.
T A B . II (1)
Imprese – HP – Occupati in Irpinia nel 1903 e nel 1911
ANNI |
IMPRESE |
HP CONSUMATI |
OCCUPATI |
1903 |
1.262 |
48 |
4.757 |
1911 |
1.856 |
767 |
8.466 |
In realtà l'Irpinia, con le sole eccezioni delle miniere sulfuree di Altavilla e Tufo e delle concerie di Solofra che disponevano di un minimo di apparato industriale, aveva modestissime aziende a livello artigianale, talora a conduzione familiare, spesso con manodopera domiciliare; le quali erano attrezzate unicamente a far fronte ai bisogni interni.
Una discreta esportazione di prodotto verso il centro ed il settentrione dell'Italia si poteva registrare solo per l'industria dei vini, che sapidi, profumati e limpidi "concorrevano a formare dell'ottimo Chianti", una volta giunti "nelle cantine di abili manipolatori"(2).
La stessa industria del legno, già vanto di una provincia ricca di alberi, viveva stentata a causa di un eccessivo disboscamento e in assenza di leggi di rimboschimento e di una razionale e regolare roteazione nei tagli.
Assai magramente viveva anche l'industria armentizia sui pochi pascoli rimasti, che erano sovraccaricati di bestiame (3).Esclusivamente limitata al consumo locale era, infine, l'industria casearia, che pure fabbricava prodotti di ottima qualità.
In queste strutture produttive, inconsistenti per impiego di capitale e tecnologicamente arretrate, trovava occupazione un numero pur ragguardevole di lavoratori salariati,
T A B . III(4)
Operai nel 1911
INDUSTRIE |
OPERAI |
INDUSTRIE |
OPERAI |
Metalmeccaniche |
247 |
Legno |
523 |
Minerallurgiche |
416 |
Cuoio e pelli |
663 |
Tessili |
4 |
Carta |
1 |
Chimiche |
514 |
Poligrafiche |
59 |
Elettriche |
43 |
Alimentari e varie |
2.543 |
Totale operai: 5.013
ma che, per la sua dispersione sul territorio, mai assumeva le caratteristiche della concentrazione operaia (soltanto le miniere di zolfo altavillesi, le pelletterie solofrane e altre quattro aziende superavano i 100 addetti); mentre la sua eterogeneità interna lo privava della fisionomia tipica del proletariato industriale.
Se a tutto questo si aggiunge che soltanto il 26% degli abitanti era in grado di leggere e scrivere, come risultò al censimento del 1901, e che ancora nel 1911 il tasso di analfabetismo toccava punte del 68% (ma il dato è approssimativo per difetto!) (5) ;che il flusso emorragico della emigrazione nel primo quindicennio del secolo portò via dall'Irpinia oltre duecontomila persone (6), allora emergerà nitido il quadro di una provincia agonizzante in una povertà disperata e sconcertante, di una società fortemente disgregata, oppressa da secolari ingiustizie.
- Fonte: M.A.I.C., Statistica industriale..., II, Roma 1905, pp.28-31; Censimento degli opifici e delle imprese industriali al 10 giugno 1911, Roma 1916, vol.I, pp.282-83; vol. V, p.416
- 0.BORDIGA, Inchiesta... cit., p.125.
- Sullo stato dei boschi e dei pascoli, cfr. G. DI TELLA- A. TRO l’IER, I pascoli di montagna specialmente comunali nell’Appennino Avellinese e nel Mezzogiorno d’Italia in rapporto al loro miglioramento ed alla tutela dei boschi, Avellino 1908.
- Fonte: Censimento degli opifici... cit., vol.V, pp.364-415, elaborazione.
- Censimento della popolazione... 1901, cit.; ...1911, cit..
- COMMISSARIATO GENERALE DELL’EMIGRAZIONE (a cura di),Annuario statistico dell’emigrazione italiana da11876 al 1925, Roma 1926, p.59.
I dati statistici delle tabb. IV, V, VI sono frutto di elaborazione dalle seguenti fonti:
- Stampa periodica irpina (folta di testate), relativa agli anni 1900-1915 presente nell’emeroteca della Biblioteca Provinciale “G. e S. Capone” di Avellino - Fascicoli - ctg. Pubblica Sicurezza - Prefettura, anni 1900-1915- dell’Archivio di Stato di Avellino
- Le Statistiche delle organizzazioni dei lavoratori e le Statistiche degli scioperi del Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio - Direzione Generale della Statistica e del Lavoro, relative agli anni considerati.
II. Le strutture sindacali *
Pressoché sconosciuta fu l'azione sindacale nei decenni postunitari. Solo in piena età giolittiana cominceranno a sorgere le prime strutture organizzate del sindacato.
Una notevole fioritura conobbe,durante l'ultimo quarto di secolo,l'associazionismo mutualistico,che toccò l'acme d'espansione negli anni '70, interessando quasi tutta la provincia(1). Le Società di Mutuo Soccorso assolsero, tuttavia, ad una funzione meramente assistenzialistica e talvolta ricreativa; si limitavano ad erogare modestissimi sussidi in caso di malattia, momentanea disoccupazione, infortunio o morte. Raggruppavano per lo più artigiani di diverse professioni, sotto la direzione di soci effettivi ed onorari di provenienza borghese. Molto scarsa era in esse la partecipazione di operai salariati e di contadini, che spesso non potevano permettersi neppure il pagamento della quota di associazione. Ispirate ad intenti umanitari e paternalistici, restarono impermeabili a qualsiasi tendenza politica, tutt'al più prestandosi a divenire strumento elettoralistico di qualche notabile locale. "Fedeli alle istituzioni" le consideravano nei loro rapporti le autorità di polizia, che mostravano di preoccuparsi minimamente anche di quelle associazioni sospette di "tendenze sovversive", come la Società operaia e la Società Operaia Fratelli Cairoli, entrambe di Ariano di Puglia, nelle quali aleggiava un vago, generico quanto innocuo garibaldinismo (2). Per altro il tentativo di penetrazione mazziniana nell'embrionale movimento operaio e contadino irpino era fallito in sul nascere, come aveva dimostrato la breve vita del Sodalizio Fraterno dell' Isclero fra contadini ed operai, fondato a S.Martino V.C. nel 1872 da Matteo Renato Imbriani (3) , e la irrilevante influenza esercitata a livello locale dalle "repubblicane" società operaie di Teora e di Volturara Irpina. La sola associazione in Irpinia che apertamente professò idee politiche fu la Mutua Cooperativa tra pastori, contadini ed operai, costituita nel 1906 a Montella. Nata come emanazione della locale sezione socialista, fondata da Ferdinando Cianciulli, essa si proclamava destinata a raccogliere le sparse divise forze proletarie montellesi ed a convergerle al fine ultimo che l'idea santa redentrice del socialismo si prefigge: ridare cioè la terra, il bestiame, il danaro e gli strumenti tutti di lavoro in mano [ai] lavoratori associati e coscienti. (4)
Apolitico e poco significativo fu anche il ruolo svolto dal modesto movimento cooperativo che nel primo quindicennio del '900 operò in alcuni comuni della provincia (Avellino, Calitri, S.Angelo dei Lombardi, Fontanarosa, Altavilla Irpina, Grottolella).
Rette da personale proveniente dalla piccola e media borghesia -avvocati, sensali, commercianti, periti- le cooperative finirono col divenire dei veri e propri empori commerciali a profitto di costoro, che li controllavano e guidavano negli affari.
- Per dati sulle società di mutuo soccorso in Irpinia cfr. ARCHIVIO DI STATO DI AVELLINO, Pubblica Sicurezza, Prefettura, b.5, fascc. 106, 107, 119. Per un primo orientamento cfr. E. ALIFANO, Note per uno studio sulle società di mutuo soccorso in Irpinia tra '800 e '900, in AA. VV., Avellino e l'Irpinia tra 800 e '900, Avellino 1985, pp. 121-36.
- ARCHIVIO DI STATO DI AVELLINO, P.S., b.4, fasc.98, Comunicazione del Comando dei Carabinieri del 28 febbraio 1878.
- Su M.R.Imbriani e la sua azione politica in Irpinia cfr. M.GAROFALO, Matteo Renato Imbriani e l'imbrianesimo inIrpinia tra '800 e '900, Avellino 1988.
- "II Grido degli umili", 11 agosto 1906.11 corsivo è dell'articolista. Sulla figura di Ferdinando Cianciulli e sull'attività svolta dalla sezione socialista di Montella, cfr. M.GAROFALO, Alle origini del socialismo in Irpinia. Ferdinando Cianciulli, Avellino 1986
T A B . IV
Cooperative in Irpinia in età giolittiana
1901 |
- Consorzio Agrario Cooperativo del Partenio di Avellino - Società Anonima Cooperativa Trebbiatura e Macinazione di Calitri |
1903 |
- Consorzio Agrario Cooperativo e Cantine Sociali dell'Alta Valle del Sele - Società Cooperativa Calzolai di Avellino |
1904 |
- Cooperativa Agricola di Torre Guevara |
1906 |
- Ofanto e Calaggio di Rocchetta S. Antonio - Mutua Cooperativa Emancipazione di Montella |
1908 |
- Fratellanza Agricola di S. Angelo dei Lombardi |
1909 |
- Fratellanza Agricola di S. Angelo dei Lombardi |
1910 |
- Cooperativa di Altavilla Irpina - Cooperativa Società operaia di Montella |
1911 |
- Unione Agraria Cooperativa di Fontanarosa |
1912 |
- Cooperativa di consumo e agricola di Pietradefusi |
1913 |
- Cooperativa per la coltivazione del tabacco di Altavilla Irpina - Consorzio Antifillossero di Grottolella |
Strutture associative più moderne, le leghe, in cui per la prima volta affiorava timidamente il concetto di "resistenza", cominciarono a nascere a partire dal 1903. La prima a costituirsi fu la Lega pellettieri di Solofra, inaugurata nel febbraio 1903 con un imponente comizio dell'on.Mario Todeschini. Quella di Solofra, con i suoi oltre 300 iscritti, si dimostrò la più combattiva ed omogenea, seguita per consistenza e capacità di lotta dalla Lega minatori di Altavilla Irpina, sorta nello stesso anno. Le altre leghe, di mestiere o miste,costituitesi in numerosi centri irpini almeno fino al 1912, si dimostrarono -con pochissime eccezioni, come le agguerrite Lega contadini di Rocchetta S. Antonio, guidata da G.D'Urso e Lega caprai di Montella- organizzazioni sterili, immiserite in anguste rivendicazioni corporative o incapaci di sottrarsi a tutele e pressioni interessate di elementi estranei al mondo contadino-operaio.
Nonostante la loro immanente potenzialità di sviluppo, le leghe irpine praticarono un sindacalismo a dir così strozzato e asfittico, anche perché mancò ad esse quell'azione di coordinamento propria di un organismo centrale e di riferimento.
Assenti del tutto sul territorio provinciale le federazioni di mestieri -soltanto una sezione ferrovieri e a partire dal 1911 una sezione tipografi, entrambe nel capoluogo-, non esercitarono una seria funzione di guida le Camere del lavoro.
Quella di Avellino era sorta nel dicembre 1903, promossa dai Partiti Popolari, che allora guidavano l'amministrazione municipale con il sindaco socialista Remigio Pagnotta (1). Protesa - per norma statutaria- al perseguimento di "scopi unicamente economici", bandita programmaticamente qualsiasi finalità politica o confessionale, essa non mancava di appellarsi allo spirito pedagogico che informava la nascita dell'organizzazione, che si prefiggeva l'alto fine della "elevazione morale [...] la quale crea la coscienza di classe ed il bisogno di innalzarsi e di migliorarsi" (2). Legata a doppio filo al destino dei partiti popolari avellinesi, che ad essa fornivano non solo l'annuale sussidio finanziario attraverso "benevole" erogazioni dell'amministrazione comunale, ma anche il personale dirigente, di quest'ultima subì immancabilmente la sorte. Dopo il primo anno di attività, che aveva fatto registrare l' adesione di numerose leghe e società operaie e di mutuo soccorso della provincia (l'iscrizione era pervenuta persino dal lontano Circolo Democratico Sociale di Bisaccia (3) ), la sua azione scemava notevolmente nel 1905, che vedeva la sconfitta elettorale cittadina dei popolari, fino a divenire in poco tempo di carattere puramente nominale. Censita nella statistica ufficiale del 1907 con un organico di 6 leghe costituite da 545 soci, già all'inizio del 1908 veniva data per disciolta.
Meno di un anno sopravvisse anche la camera del lavoro di Montella, fondata dal Cianciulli e da Giuseppe Marano nella primavera del 1907. Ben presto illusorio, infatti, si rivelò il suo obiettivo di coordinare le istanze rivendicative delle modeste organizzazioni associative presenti nei vicini comuni di Bagnoli, Cassano, Castelfranci e Nusco le quali -saldamente nelle mani di elementi della borghesia locale, di ideologia moderata -ostacolarono in tutti i modi ogni tentativo di "intrusione" da parte di una struttura sindacale diretta da socialisti e che la sua sede aveva proprio nei locali della sezione del P.S.I. di Montella.
- Sulla vicenda amministrativa dei popolari ad Avellino, cfr. C.VALENTINO,ll comune popolare e l'origine del partito socialista in Avellino (1900-1913), in AA.VV., Avellino e l'Irpinia tra '800-'900, cit.,pp.138-144
- Cfr. La circolare riportata in Appendice.
- Cfr. “La cronaca Rossa”, 6 gennaio 1904.
T A B. V
Leghe e Cdl in Irpinia in etd giolittiana
1903 |
Lega Calzolai di Avellino - Lega di miglioramento Muratori ed affini di Avellino - Lega Falegnami di Avellino - Lega Sarti di Avellino - Lega Impiegati postali e telegrafici di Avellino - Gruppo Ferrovieri di Avellino - Lega Pellettieri di Solofra - Lega Contadini di Cervinara - Lega Muratori di Cervinara - Lega Operai agricoli di Lioni - Lega Minatori di Altavilla Irpina - Lega Contadini di Altavilla Irpina - Lega di Resistenza di Orsara - CAMERA del LAVORO di Avellino |
1904 |
Lega Tipografi di Avellino - Lega Commessi ipotecari di Avellino - Lega Operai e contadini di S. Paolina - Lega Contadini di Rocchetta S. Antonio - Lega Muratori di Valle - Lega Muratori di Belli zzi - Lega Contadini di Montaguto - Lega Coloni di Solofra |
1905 |
Lega Vetturini di Avellino |
1906 |
Lega Contadini di Accadia |
1907 |
CAMERA del LAVORO di Montella |
1908 |
Lega Caprai di Montella - Lega Contadini di Montella - Lega Operai di Calitri - CAMERA del LAVORO di Caposele |
1909 |
CAMERA del LAVORO di Altavilla Irpina |
1910 |
Fratellanza Operaia di Bagnoli Irpino |
1911 |
Società Operaia di Protezione di Calitri |
1912 |
Lega dei Lavoratori del Campo di Ariano Irpino |
Federazione di Mestieri
1906 |
1911 |
Ferrovieri di Avellino |
Tipografi di Avellino |
Non esauditi da risultati concreti furono infine gli sforzi dello stesso Cianciulli e di Carlo De Rosa i quali, coadiuvati da alcuni elementi del luogo, cercarono di far vivere a Caposele una camera del lavoro, che organizzasse la consistente ed eterogena massa di lavoratori impegnati nella costruzione dell'Acquedotto Pugliese.
E nemmeno la camera del lavoro di Altavilla Irpina, che pure si trovava ad operare in un contesto "privilegiato" per la presenza sul territorio del più importante nucleo industriale della provincia, riuscì ad esplicare manifestazioni sindacali, che si spingessero oltre un 'attività di collocamento e di patrocinio, talvolta di blanda e succube mediazione. Guidata da dirigenti della piccola borghesia del posto, incapaci di assumere verso la parte padronale posizioni di netto antagonismo classista, i suoi interventi furono sempre fiacchi o inefficaci, quando non mancarono del tutto. Così avvenne, ad esempio, nel gennaio 1911 durante lo sciopero di oltre 100 minatori, che per una settimana protestarono contro le insicure condizioni di lavoro (in un incendio erano morti 8 lavoratori), allorché il segretario della CdL avv. Carlo Giordano si rifiutò di appoggiarne la battaglia, rimanendo insensibile persino alle sollecitazioni rivoltegli dall'on. Guido Podrecca,in quei giorni presente in Avellino(1).
Con questo quadro di strutture organizzative il sindacalismo irpino svolse, tra '800 e '900, un'azione scarsamente incisiva, indicativa soltanto di represse e malgovernate potenzialità di lotta. Certo non mancarono agitazioni, sommosse e scioperi, frequentissimi soprattutto nell'ultimo decennio del secolo. Ma solo pochi di essi figurano nelle statistiche ufficiali, verosimilmente quelli soltanto che riuscirono a sollevare problemi di ordine pubblico ed a costituire, quindi, oggetto di comunicazioni di polizia agli organi centrali del Ministero degli Interni.
- Sull'episodio cfr. 'L Irpinia nuova", 14 gennaio 1911; "Il Grido", 1 febbraio 1911; M.GAROFALO, Alle origini... cit., pp.99-10I.
T A B. VI
Scioperi in Irpinia in età giolittiana.
ANNI |
SCIOPERI |
SCIOPERANTI |
1900 |
2 |
222 |
1901 |
1 |
60 |
1903 |
1 |
500 |
1907 |
2 |
53 |
1908 |
4 |
60 |
1909 |
1 |
40 |
1911 |
1 |
100 |
Ma all'origine delle reazioni popolari erano quasi sempre motivi di tipo pre-politico: la pressione fiscale, il dazio consumo, la tassa focatica, la perdita degli usi civici, la corruzione ed il clientelismo, le quotizzazioni demaniali ecc. Ciò che mancava era proprio la conflittualità di classe; più spesso, anzi, le masse subalterne si consegnavano, vittime inconsapevoli, nelle mani dei soliti notabili o proprietari del paese, che strumentalmente voltavano la situazione a loro esclusivo tornaconto e mercé. Quasi sempre, cioè, la protesta popolare e contadina dei comuni irpini si esaurì in comportamenti rivendicativi di tipo passionale, la cui prima caratteristica era uno spontaneismo che ne fiaccava inesorabilmente la forza d'urto e la capacità di perseveranza nella lotta. E però il compito dei pochi veri sindacalisti del tempo, quasi tutti militi dell'ideale socalista, fu anzitutto quello di controllare ed organizzare queste istintive spinte di ribellione e di insofferenza.
Mario Garofalo
APPENDICE
CIRCOLARE INVIATA DAL COMITATO PROMOTORE Á TUTTE
LE ASSOCIAZIONI OPERAIE DELLA PROVINCIA.*
Compagni operai,
Preoccupati dalle speciali, miserevoli condizioni in cui versa la classe lavoratrice nella nostra provincia, commossi dallo spettacolo di centinaia di famiglie che lasciano il suolo patrio, avventurandosi nell'ignoto verso terre lontane ove spesso trovano miseria e sofferenze maggiori, abbiamo inteso il bisogno di promuovere nella regione irpina una Camera del lavoro. Scopo di questa istituzione, già così fortunata e benefica in altre città d'Italia, nel Belgio, in Francia, in tutte le nazioni ove il proletariato ha inteso la necessità di provvedere alla difesa dei propri interessi economici, è di unire le forze operaie nello intento unico di patrocinare i legittimi diritti dei lavoratori, diritti che oggi restano misconosciuti e calpestati, perchè manca una organizzazione potente del lavoro che s'imponga con la forza morale di una salda e vasta coesione.
La mano d'opera in provincia nostra è trattata peggio che in Cina. Il lavoro delle donne e dei fanciulli -specialmente nei lavori di costruzione muraria, nel trasporto delle pietre dal letto dei fiumi o dalle cave, ecc. - è avvilito in modo inumano. Salari irrisori, salari di fame; 13 a 14 ore di lavoro nell'estate, 12 nell'inverno! E che dire dei poveri pellettieri di Solofra che si logorano l'esistenza in un lavoro malsano per venticinque o trenta soldi al giorno, mentre i loro padroni arricchiscono in pochi anni, mercé lo spietato esercizio di un barbaro sfruttamento?
Ed i miseri contadini della parte alta della provincia, dove il latifondo rappresenta la forma più gravosa di sfruttamento per i braccianti di campagna? A Rocchetta, a Bisaccia, altrove, sorgono perciò le prime leghe di contadini. Ma che possono queste, isolate, senza un nesso che lo stringa, senza un vincolo che le serri in un programma ed in un'azione comune?
Nelle nostre città abbiamo molte società operaie e qualche cooperativa, ma vivono tutte tisiche ed infeconde, né possono promuovere una energica difesa degli interessi operai, come non possono imporre a Comuni ed Enti pubblici di preferire negli appalti il lavoro associato alla intrapresa privata. Occorre quindi un legame che unisca in un sol fascio tutte le società operaie; esse -nella Camera del lavoro -rimangono libere di esplicare il fine di origine per cui furono fondate, previdenza, mutuo-soccorso, cooperazione, utilizzando le loro forze associate alla maggiore azione difensiva, unificando gli scopi comuni. E ciò, lasciando impregiudicate, per ogni associazione, le finalità particolari di previdenza e quelle politiche, poichè lo scopo della Camera del lavoro lunicamen te economico, cioè quello di opporre la propria forza collettiva alla coalizione del capitale, reclamando per i lavoratori il riconoscimento di quei diritti che sono loro contesi fino a quando rimangono dissociati.
La funzione positiva della Camera del lavoro si riassume:
a) mettere a contatto ed in permanente rapporto fra loro, gli operai - in un luogo determinato, ove ogni associazione o rappresentanza di esse abbia sede propria gratuita -,facilitando il collocamento e i contratti del lavoro, eliminando il parassitismo dei mediatori e regolando la partecipazione di tutti gli operai di un dato mestiere per turno di squadre o di associazioni ai lavori banditi dagli Enti pubblici, Comuni, Provincia, Comizi agrari ecc.;
b) organizzando -ricorrendo all' uopo alle altre Camere del lavoro, a quelle di Commercio ed ai Comuni - un sistema d'informazioni sulle condizioni del mercato del lavoro in Italia ed all'Estero; fornendo indizi intorno ai rapporti dell'offerta o della domanda nei principali centri industriali, agricoli, coloniali, segnalando specialmente i luoghi ove la mano d'opera sia più richiesta;
c) curando l'applicazione della legge sul lavoro delle puerpere e procurando, a mezzo di comitati sezionali in ogni Comune, di sorvegliare il lavoro delle donne e dei fanciulli e di prevenire gl'infortuni del lavoro;
d) cercando, per mezzo di opportuna pubblicità nei giornali e con circolari, aiutati dai Comitati sezionali, un conveniente collocamento ai dísoccupati;
e) facilitando la riammissione al lavoro dei liberati dal carcere, invígilando o prescrivendo norme alla loro riabilitazione;
f) accogliendo reclami di operai ingiustamente trattati e patrocinandone la causa, dando indicazioni ai lavoratori bisognosi, curando l'applicazione della legge su probi-viri, appianando o risolvendo le questioni del lavoro;
g) aiutando lo sviluppo di società cooperative, agricole, di produzione, di consumo, invigilando che i pubblici lavori siano dati a cooperative composte di operai; promuovendo la costituzione delle società per arti e mestieri onde coadiuvare la Camera del lavoro nella compilazione della tariffa della mano d'opera.
Queste, in breve, le funzioni della Camera del lavoro, nell'espbsizione delle quali ognuno vedrà come questa istituzione a buon conto è considerata dappertutto come un servizio di utilità pubblica, tanto che Province o Comuni concorrono a mantenerla. Noi, quindi, fidiamo che vorrete aderire alla nostra iniziativa.
* In "La cronaca rossa", 17 dic. 1903.
IL COMITATO
Cuomo Francesco, per i fuochisti ferroviari - Avitabile Nicola, calzolaio - Tortoriello Gaetano, per la Società Operaia Irpina - Matassa Giovanni e Vitale Antonio, per i macchinisti - Pagnotta Giuseppe, muratore - Postiglione Gaetano, sarto - Di Majo Ernesto, per i pellettieri di S olofra - De Masellis Giuseppe, tipografo - Manfra Alfonso, macellaio - D'Auge Michele, parrucchiere - Vignola Sabino, Sez.Soc.Atripalda - Blasimme Giulio - operaio ferroviere - Cammino Raffaele, presidente Società calzolai - Losco Angelo, presidente Società Operaia di M.S. e D'Auria Modestino, idem Circolo Operaio, Atripalda, D'Agostino Giuseppe, falegname intagliatore