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Un abate di Montevergine nei rapporti di due governatori di Principato Ultra: Francesco De Sanctis e Giuseppe Belli (1860):

( Samnium 1975 -pagg. 108 – 110 )

   L'11 settembre 1860, Garibaldi comunicava al noto patriota irpino Lorenzo de Concilj, di averlo promosso al grado di maggiore generale e così chiudeva la sua lettera: “ Se i riguardi dovuti alla veneranda vostra canizie, me l'avessero consentito, avrei voluto altrimenti onorare in voi la pubblica confidenza, ma nulla credo sia perduto pel bene della vostra Provincia, dacché vi destinai a governatore il bravo De Sanctìs nostro amico, che farà tesoro dei vostri consigli e della vostra influenza nel paese (1) “.

   Il De Sanctis nominato governatore di Principato Ultra il 12 settembre di quell'anno (2) non poté, nel suo breve periodo di governo (il 20 ottobre lo sostituì l'atripaldese Giuseppe Belli) non avvalersi di persone bene addentro alla vita politica reazionaria della Provincia, e fra esse, di tal Carmine Ardolino di Torre le Nocelle, già devoto uomo di fiducia del noto Intendente Pasquale Mirabelli ed ora, sotto il peso di gravi imputazioni, disposto a denunziare personaggi di rilievo del caduto regime (3). E personaggio di rilievo era senza dubbio, l'abate verginiano Guglielmo De Cesare che tramite l'Ardolino, aveva avuto rapporti col principe Luigi dì Borbone zio di Francesco II, nel periodo che tenne dietro alla concessione della Costituzione (25 giugno 1860).

   Il 17 ottobre di quell'anno, ecco quanto su richiesta del Ministro di Polizia Raffaele Conforti, riferiva il De Sanctis (4): « Da una dichiarazione di tal Carmine Ardolino di Torre Le Nocelle, risulta avere egli piena conoscenza che il signor De Cesare abate di Montevergine, aveva corrispondenza col principe Luigi di Borbone e che mandava ordini e danari a molti reazionari messi a sua disposizione. Mentre così rispondo alla ministeriale di lei del 6 c., mi onoro aggiungerle di essermi stata somministrata notizia che il De Cesare può trovarsi a Napoli in casa degli eredi di Carminantonio Solimene farmacista, nella parrocchia di Tutti i Santi. Tanto partecipo alla superiore Autorità di Lei, per le provvidenze che credono di emettere ».

   Il De Sanctis nominato direttore del dicastero dell'Istruzione Pubblica in Napoli, lasciò al suo successore Giuseppe Belli anche irpino di Atripalda (5), lo spinoso compito di ulteriori indagini che investivano di reità Domenico Lizza di Ceppaloni e altri diretti emissari del De Cesare. L'inedito rapporto del Belli è datato da Avellino il 13 dicembre 1860 e diretto ugualmente al ministro di Polizia Conforti (6). Con esso si arrestano anche queste nostre prime ricerche sullo episodio: « Mi onoro riepilogare le circostanze che ho con vari rapporti rassegnato alla Signoria Sua sul conto del Signor Domenicantonio Lizza di Ceppaloni, aggiungendovi quelle che riguardano l'abate di Montevergine, p. Guglielmo De Cesare, oggetto di suo riverito ufficio del dì 11 novembre u. Nel giorno 17 settembre di quest'anno il supplente giudiziario di Roccabascerana eseguiva una visita domiciliare in casa del Lizza il quale per lo spazio di quattro anni era stato capo urbano nel suo Comune ed assicurava nei modi di legge il reperto di molte carte che venivano chiuse e suggellate in un sacco; di cinque fucili e di una bandiera tricolore. Disuggellato il sacco dal giudice regio di Altavilla, incaricato dell'istruzione, fra le carte che vi si contenevano, fu rinvenuta una lettera datata da Cervinara il dì 15 dello stesso settembre e diretta al Lizza con la quale gli si dava ordine di assoldare gente a carlini sei per giorno e gli si rimettevano all'uopo ducati settecento. Il motto d'ordine di quella gente essere doveva: Viva Francesco II, morte ai liberali. Ed i signori Angelo Doria e Giovanni Sbordone che firmavano la lettera in parola, intitolandosi Commissari della Regia organizzazione della Forza attiva, ingiungevano pure al ripetuto Lizza di intendersela sollecitamente col famoso Ardolino. Arrestato quest'ultimo per i deplorevoli avvenimenti di Montemiletto e Torre le Nocelle, (7), deduceva nel suo interrogatorio di avere piena conoscenza che D. Pirro Penna era in intima relazione con l'abate De Cesare e questi col principe Luigi di Borbone e che dal De Cesare appunto il quale disponeva di una lunga serie di reazionari, partivano ordini e danaro. Pervenuto a questo governo notizie sulla dimora del De Cesare, non si ometteva di darne pronto avviso a cotesto Dicastero, mentre si commettevano le più esatte e diligenti indagini sul conto di lui e su la parte che avesse presa nei moti reazionari che hanno così profondamente turbata l’intera Provincia. Il risultato delle indagini praticate era che il De Cesare aveva strettissime relazioni con tutte le persone della Corte borbonica onde eragli accordato quanto avesse chiesto. Ottenne per mezzo della Corte che il cardinale di Benevento si fosse recato nel Monastero come delegato del Papa e sotto la pressura di quella Autorità, i suoi correligionari lo eleggevano abate triennale, potestà nella quale il Papa lo confermava a vita. Lo stesso Intendente Mirabelli si metteva interamente a sua disposizione, mendicandone il patrocinio. Che perciò con tali qualità congiunte a non comune intelligenza e ad estesi rapporti nella provincia, era a reputarsi probabilissimo che per incarico del principe Luigi di Borbone, avesse dato ordini e profuso danaro per suscitare e alimentare le reazioni, potentemente in ciò coadiuvato dal suo mezzano e confidente Carmine Ardolino, nonché da Pirro Penna, Gaetano Baldassarre e altri tristi. Laonde se da niuna pruova di fatto contro l'attuale governo, può per ora dirsi raggiunta, egli è indubitato che a suo carico si levano sospetti da ogni parte. Ho scritto. intanto a questo Procuratore Generale per una visita domiciliare presso il parroco del villaggio Torelli, noto per sentimenti avversi al nuovo ordine di cose e per attaccamento all'abate De Cesare. E laddove dall'indicata visita domiciliare, mi venissero chiarimenti atti a mostrare fra i fatti apposti a Lizza, a De Cesare e ad Ardolino, da farne ritenere l'accordo, io ascriverò a mia ventura e dovere, tenerne prontamente avvisata la Signoria Sua ».

                                                                                                                                       Alfredo Zazo

(1) v. La Bandiera italiana, n. 47, Napoli. 20 settembre, 1860.

(2) v. G. VALAGARA. Francesco De Sanctis governatore di Principato Ultra in Ricordanze Irpine, Avellino, Maggi 1910.

(3) Su questo provocatore e spia che causò le gravi agitazioni borboniche di Montemiletto e di Torre le Nocelle, del settembre 1860, v. A. ZAZO, Mazziniani e Murattiani nel Ducato di Benevento, in Samnium 1929, I, p. 7 e segg., cfr. P.G.. La feroce reazione di Montemiletto. s.l.

(4) Arch. Stato Napoli, Ministero Polizia, fasc. 1081.

(5) Sul Belli, v. G. ZIGARELLI, Storia civile della città di Avellino, Napoli, Tornese, 1889, p. 286 e segg.: v. pure Un'istanza del Comune di Avellino al Dittatore Garibaldi perché Francesco De Sanctis non sia allontanato dal Governo di Principato Ultra in Samnium 1958, p. 117.

(6)  6 settembre' 1860; v. PG.. cit.LOGOridotto

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