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IL GOBBO DI ALTAVILLA

 

( di Antonio Emanuele Piedimonte - “Nella terra delle janare”

Napoli, 2007, pg. 42 - 43 )

"Il movimento identificato con le streghe esprimeva una cultura alternativa, consistente in comportamenti ben più che enunciazioni, con forte contenuto liberatorio anche nell'ambito sessuale".

Giorgio Galli, in Il Noce di Benevento: la stregoneria e l'Italia del Sud

 

   La prima e più famosa cronaca relativa ai Sabba e al Noce delle streghe ci conduce ad Altavilla Irpina, paese al confine tra le province di Avellino e Benevento, le cui origini si fanno risalire alle conquiste dell'esercito normanno guidato da Ruggero II Il borgo, sino ad allora possesso di Raone de Fraineta, passa nelle mani dei discendenti Riccardo (1171), Rao (1182) ed Emma (citata in un documento federiciano del 1232) e prende il nome di Alteville. Ad ereditarlo saranno poi Nicola Drago e alcuni componenti della famiglia francese dei Bagot (da lì forse il possibile rimando a Hauteville, in Normandia, anche se va detto che il toponimo Altavilla e estremamente diffuso). Quindi passera prima ad Angaraimo de Assoumville e poi a Bartolomeo I de Capua e ai suoi eredi (sino al 1792). Net 1799, con la Repubblica Partenopea, Altavilla subirà le violenze dei francesi mentre la restaurazione borbonica porterà poi alcuni altavillesi a partecipare ai moti rivoluzionari. Dopo la campagna garibaldina del 1860, ci sarà una reazione filoborbonica ed esploderà il fenomeno del brigantaggio. E proprio un altavillese, Donatino Bruno, sara tra i capi pin noti di quegli anni.

   Dalla storia alla leggenda il passo, in una terra intrisa di magia, può essere anche breve. La vicenda — che ha per titolo Il gobbo di Altavilla — fa parte dei racconti pubblicati nel 1640 dal protomedico Pietro Piperno con il titolo Del- la superstiziosa Noce di Benevento (ristampato nel 1984 da Armando Forni).Eccone uno stralcio:

"Un certo uomo chiamato Lamberto Alutario della terra di Altavilla lontana sei miglia da questa città, standosene qui per debiti solea spesso andare per le feste alla sua patria poichè in detti giorni per debiti civili non si procede...". L'indebitato ma sentimentale Lamberto approfitta dunque del giorno festivo per tornare dai suoi cari e s'incammina lungo le rive del fiume Sabato. "Alla vigilia del santissimo corpo di Cristo, si parti di notte da Benevento alla volta di Altavilla e essendo giunto in questo luogo, che per quella strada e, vidde una gran quantità di uomini e donne che ballavano e cantando dicevano queste parole: “Ben venga il giovedi e il venerdì, crese che fussero mietitori insieme con le donne che colgono le spighe e facessero allegrezza...". Al buon uomo — già provato dall'handicap fisico della gobba — sembra una bella festa e si lancia nelle danze sfidando e provocando anche gli inevitabili sfottò sul suo aspetto. "Facea ridicolo spettacolo onde tutti i circostanti ne rideano. Finiti i balli, stando tutti stracchi, si retirarono sotto un alto e grand'arbore di noce che gi parve di vedere vicino la riva del fiume Sabbato". A questo punto l'uomo fa una cosa forse avventata: si siede per primo alla tavola imbandita sul prato e comincia a mangiare. "In questo mentre venne un demonio da dietro e con gran destrezza gli preme sulla gobba in modo che la voltò innanzi al petto". Dolorante e spaventato, Lamberto urla, senza volere, l'unica frase che poteva salvarlo, invoca "Oh Gesn Vergine Maria". E subito "disparve ciò che ivi si trovava e rimase solo con la gobba mutata avanti il petto, per il che comprese come era in vero che quelle erano streghe". Per il poveretto, però, i problemi non finiranno qui. Una volta giunto a casa, ad Altavilla, la moglie si affaccia al balcone e, non vedendo la gobba sulla schiena, non gli apre la porta lasciandolo dormire all'aperto. Non solo. Anche in seguito fu "dai fanciulli pubblicamente sbeffeggiato e burlato". A margine, va detto che il tema della gobba — che cela innanzitutto una simbologia lunare — si ritrova in altre zone d'Italia e d'Europa. Ma per la nostra esplorazione quello che conta e la relazione con l'albero delle streghe e, soprattutto, la collocazione geografica, che riavvicina il Noce più famoso del mondo al territorio irpino, terra di janare e di magia forse come nessun altra.

   Prima di lasciare la cittadina, va rimarcata la bellezza del centro storico e la leggenda legata alla scoperta del giacimento di zolfo, verificatasi nel 1866 ad opera di Federico Capone, garibaldino di fede repubblicana e tra i pionieri del volo. Secondo il racconto popolare, però, a rinvenire le miniere lungo la riva destra del fiume Sabato, sarebbe stato un contadino che vedeva la terra intorno a sè prendere fuoco misteriosamente, come fosse opera del demonio. Passata la paura, l'estrazione dello zolfo permise, nei decenni successivi, di dare lavoro a oltre ottocento persone. Oggi, dell'antico impianto rimangono alcune strutture e macchinari, un prezioso pezzo di archeologia industriale da difendere e valorizzare.

Ad Altavilla è nato anche un altro Federico Capone, maestro di studi esoterici e fondatore del Cida (Centro italiano di astrologia). Decano della scienza degli astri scomparso una decina di anni fa, Capone ha fondato anche una casa editrice omonima, specializzata in esoterismo. La sua scuola prosegue, ad Avellino e Parigi, con gli irpini Livio Borriello e Carlo Jansiti.

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