ALTAVILLA IRPINA, 27
Gli altavillesi, che giovedì sera passeggiavano spensieratamente per il corso Garibaldi, non immaginavano affatto il dramma che si stava svolgendo al palazzo dell'Annunziata; e così, venerdì con grande meraviglia appresero che erano rimasti senza sindaco.
Chiunque altro, al posto degli altavillesi, si sarebbe vivamente preoccupato, invece questi continuarono ad occuparsi delle loro faccende ed a rievocare le gesta del bandito Giuliano che in serata avrebbero ammirato sullo schermo del cinema S. Pellegrino.
A qualcuno, che poneva in evidenza la notizia data in grassetto da un confratello regionale, i più rispondevano che l’informazione, pur essendo conforme al vero, era priva d'interesse in quanto quelle dimissioni non erano da prendersi sul serio. Ed i più hanno avuto ragione: il sig. Giambattista Agostino Fabrizio siede ancora sul suo scanno consiliare dal quale giovedì presiederà il Consiglio Comunale.
Se la notizia delle dimissioni era esatta, ugualmente esatta era la previsione che esse sarebbero state ritirate.
Le più disparate ipotesi sono state formulate per spiegare la causa che ha impedito per tre giorni l’accesso del sindaco al palazzo della Annunziata; dobbiamo alla cortesia di un consigliere comunale se siamo in grado di esporre con esattezza i fatti.
L'usciere comunale, profittando della riunione della Giunta, si era annunziato ed, avutone permesso, aveva esposto con garbo che della nascita di un nuovo rampollo gli derivavano alcuni miglioramenti economici; il sindaco, senza degnare di uno sguardo colui che occupa l'ultimo gradino della scala gerarchica, si rivolse alla Giunta dicendo: “Non vi sarebbe modo di licenziarlo?”. L'ultimo gradino, che, per essere smussato in un angolo, si regge su un bastone, si allontanò senza rispondere strascicando la sua gamba e percuotendo più forte del solito il pavimento, la porta si chiuse alle sue spalle alquanto rumorosamente.
“Mi si manca di rispetto, mi si tiene in non cale” disse sindaco rivolto alla Giunta i cui componenti si erano chiusi in dignitoso mutismo, “Evidentemente lor signori non condividono le mie idee, soggiunse il sindaco, ne possono condividerle in quanto il mio credo politico è in antitesi col loro”. Parlare di corda in casa dell’impiccato è poco opportuno, e gli assessori fecero osservare che non era il caso di far scivolare la conversazione sul piano politico. Il consigliere Vella (ricordate? quello che è solito fare intervenire alle sedute del consiglio comunale il nipotino), uomo pacifico e calmo, alieno dalle discussioni, per evitarsi qualche attacco di fegato si mise fischiettare. Per il sindaco la misura fu colma: fischiare davanti al suo cospetto, fischiare sapendo che l’insegnante Fabrizio soffre di allergia e di idiosincrasia al fischio, cosa risaputa da due generazioni di alunni, cosa di cui possono testimoniare il prof. Umberto Caruso, il giudice Grossi e tanti altri professionisti che hanno succhiato il suo sapere!
“Lei fischia per me, lei rifà il verso della gruccetta per recarmi palese offesa”.
L'assessore Vella, che aveva fischiettato a solo scopo di salute, chiamato così bruscamente in causa, risentito rispose: “E' forse proibito fischiare? E' mai possibile che abbiate paura della vostra stessa ombra e che in ogni gesto vediate un'offesa e in ogni persona un nemico?”.
«Mi dimetto, me ne vado”.
“Ma quando, quando!” soggiunse il consigliere Vella, mentre in coro gli altri consiglieri presenti ripetevano: “Ma quando? ma quando?”.
E così, un'ora dopo, mentre tranquillamente gli altavillesi passeggiavano per il corso, il sindaco presentava la lettera di dimissioni chiedendo che venisse protocollata.
“Non ritornerò sui miei passi” assicurò l'ex sindaco al fedele don Girolamo, ma frattanto, dalla bottega di zi' Pietro, scorrendo i giornali per apprendere le ripercussioni del suo gesto, covava cogli occhi il palazzo comunale. Addio, Palazzo dell’Annunziata, quando è tristo il passo di chi, abituato alla tua ampia sala, se ne allontana, tratto dalla speranza di fare altrove fortuna!
Questo classico ricordo faceva appannare le lenti dell'ex sindaco.
Ma la notte porta consiglio, ed il sig. Fabrizio, che già non poteva rassegnarsi ad un Consiglio non presieduto da lui, prestava di giorno benevole ascolto ai consigli dei consiglieri De Rosa e Caruso (quello della tassa sulle mele, non quello dell'opposizione), i quai, mettendo in opera tutte le loro raffinate arti di “apparatori”, si sforzavano di convincerlo che giammai alcuno aveva inteso menomare la sua antorità anche se qualche deliberazione della giunta, come quella circa l'aumento delle carni bovine, fosse stata presa a sua insaputa.
Tre giorni, pur essendo due dei tre festivi, sono lunghi a trascorrere lontano dal palazzo comunale per chi da cinque anni è abituato a recarvisi giornalmente; tre giorni senza che il sig. Fabrizio s'interessasse della cosa pubblica avevano chiaramente dimostrato che l'amministrazione comunale non poteva andare avanti anche se la domenica il mercato fosse stato tenuto in ordine perfetto e le imposte di consumo fossero state regolarmente esatte; tre giorni di assenza dal palazzo dell'Annunziata erano più che sufficienti a dimostrare l’innata coerenza del sig. Fabrizio e la sua fermezza di carattere; e poi, era pur necessario che qualcuno ricevesse il Prefetto la cui visita era stata preannunziata per il giorno 20; non era possibile che al levar delle mense imbandite dalla SAIM prendesse la parola il vice sindaco o qualche altro consigliere.
E così, il 20 marzo, alle ore 17,27 precise il sig. Fabrizio ha di nuovo oltrepassato la soglia del palazzo comunale, gli erano al fianco S. E. Ponte, prefetto di Avellino, l’on. Volpe, presidente dell’Ente Zolfi e l’on. Sullo; una lacrima inumidiva il suo ciglio, ma egli l'ha prontamente asciugata ad evitare che qualcuno potesse pensare che fosse mossa da rabbia e non da commozione.
La rabbia c'era, ma l’on. Sullo allora allora gli aveva fatto osservare che bisogna saper stare alle regole del gioco; ma come poter dimenticare la cocente sconfitta, come poter dimenticare la definizione di “vallone”, data dal geometra capo Pacifico del Genio Civile all’antica “Fossa dei lupi”? E S.E. il Prefetto, persona invero cortese e di rara intelligenza, non aveva forse anche lui aderito a che le case per gli operai delta SAIM venissero costruite in località “Giardini”?
Buono il dolce, ottime le paste, odoroso il maraschino, ma non tanto da far dimenticare l'osservazione del sig. Prefetto: “io non so comprendere perché lei s'impunta a non voler costruire qui e a non voler rispettare la volontà del suoi amministrati”.
E quell'ing, Valente aveva proprio bisogno di mettere in mostra il suo sapere per dimostrare che la palazzina già costruita era stata ubicata 10 gradi a nord in modo che fosse costantemente esposta al sole e che la spesa per le fognature era irrilevante?
E l’on Sullo perché gli aveva concessa la parola solo per pochi minuti?
Come si può in pochi minuti risolvere un problema sul quale egli discuteva da anni? Giovane indiscutibilmente serio l'on. Sullo, ma avrebbe potuto anche risparmiarsi di ricordargli che un insegnante elementare non può presumersi d'insegnare edilizia ad un ingegnere, e viceversa un ingegnere non può insegnare pedagogia ad un insegnante.
Quando mai egli aveva cercato d’imporre alla popolazione il suo punto di vista? Se mai era stata la popolazione ad imporgli il proprio eleggendolo sindaco!
Meglio non pensarci, facessero pure il comodo loro, per lui la “fossa dei lupi” era il sito più incantevole di Altavilla. “Il comodo loro”, quella frase era stata invero poco rispettosa e tutti gli avevano dato addosso allorché l’aveva pronunziata, ma poteva essere scusata da un momento d'ira, e invece pronto l'on. Sullo a rimbeccarlo: “Lei è un uomo dell’ 800: il secolo dell'onore, deve sapere stare alle regole del gioco, lei si era rimesso al parere del tecnici e questi sono concordi nel definire questa località una vera fossa per i lupi; sù col morale, sindaco, diremo che il sindaco Fabrizio, dando esempio di alto civismo ha aderito alla nostra scelta”.