AVELLINO, 21 luglio 1945
Quante volte abbiamo rese note le tristi condizioni di lavoro e di salario imposte sino ad oggi alle maestranze minerarie di Tufo e di Altavilla?
Quante volte abbiamo esortato gli industriali ed i loro rappresentanti a prendere in giusta considerazione le grida di proteste elevate dal fondo delle miniere dai lavoratori che chiedevano pane per i propri figli? Cosa è stato fatto per aumentare salari di fame percepiti dagli uomini e dalle donne dipendenti dalle miniere di Marzo e di quelle della Saim?
Nulla assolutamente nulla e l'esasperazione operaia e giunta al colmo.
Con ordine e disciplina valendosi dei mezzi legali a loro disposizione, i minatori hanno vivamente manifestato di non voler ancora essere trattati da schiavi. Come era nelle nostre giuste previsioni, giovedì oltre 3 mila minatori, uomini e donne, si sono radunati ad Avellino a conclusione dello sciopero generale iniziato da loro nella mattinata dello stesso giorno. Rappresentanti di tutte le categorie, operai, cittadini, intellettuali, impiegati, professionisti hanno dato la loro attiva adesione alla dimostrazione inviando le loro rappresentanze.
Gli scioperanti hanno attraversato le vie principali della città e si sono infine recati in Prefettura. Una commissione di operai e di minatori è stata ricevuta, in assenza del capo della Provincia, dal vice prefetto al quale, il segretario della Camera Confederale, compagno Scaffidi ha presentato un ordine del giorno votato dai minatori. Tra l’altro l'Ordine del Giorno reca: i minatori chiedono la stipulazione di nuovi patti di aggiornamento salariale e di previdenza assistenziale; retribuzione alle donne pari a quella degli uomini; che i rappresentanti degli operai partecipino alle amministrazioni delle miniere; la partecipazione agli-utili; ed infine chiedono che il governo sancisca con la Legge la socializzazione delle miniere in considerazione dell'importanza di esse per lo sviluppo e la ricostruzione del Paese.
Sin qui l'ordine del giorno votato a chiusura della manifestazione che si è svolta senza alcun incidente.
Per parte nostra nel mettere in rilievo il carattere popolare della manifestazione desideriamo ripetere ancora una volta il nostro punto di vista.
Le miniere di zolfo sono necessarie all’economia nazionale, i contadini hanno bisogno di vedersene assicurato il quantitativo necessario per i lavori agricoli.
Quanto zolfo è stato venduto al mercato nero?
Chi ha tratto illeciti profitti e guadagni?
Ora basta, dicono gli operai ed il governo deve intervenire subito. Gli operai devono partecipare alle amministrazioni delle aziende, in attesa che delle leggi sanciscano la definitiva socializzazione di tutto il patrimonio industriale avente carattere d'interesse nazionale. I minatori hanno chiesto, fra l'altro, che tutti i compagni licenziati arbitrariamente in questi ultimi tempi, vengano immediatamente riassunti in servizio. In caso contrario lo sciopero sarà ripreso nella giornata di lunedì.
Un indifferentismo di fronte alla decisa volontà operaia che, come si e detto dinanzi, è stata dimostrata con semplice e serena disciplina, sarebbe delittuoso. Il perdurare della situazione potrebbe creare degli incidenti pericolosi e contrari agli interessi del nostro paese, incidenti quindi che è necessario evitare. Non è odio che anima gli operai, ma sete di giustizia sociale: “pane e lavoro” recavano scritti i cartelli dei dimostranti; ed il governo non può non ascoltare le grida di angoscia dell’umanità lavoratrice.