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LA CARESTIA E L’EPIDEMIA DEL 1764
IN BENEVENTO
Di Mons. Antonio De Rienzo
(Estratto da “Atti della Società Storica del Sannio” - Anno II – Fasc. II e III – maggio/dicembre 1924 – pp. 41-74 )
La penuria e la conseguente malattia epidemica, che nel 1764 afflisse i paesi del Napoletano, produsse in Benevento atti simiglianti a quelli, che dovemmo sopportare nell'ultimo periodo bellico, per la inumanità di quanti seppero arricchirsi nell' altrui necessità, speculando persino sulla fame e sulla morte.
Allora rifulse l'energia e la sacacia delle autorità, le quali, non tolleranti i pescicani, seppero pel pubblico bene dare disposizioni efficaci senza riguardi di parte. La fratellanza sociale si manifestò ammirevole in quel generale bisogno, ahi quanto in contrasto con 1' egoismo de' giorni nostri.
É doveroso quindi giustificare un passato vilipeso a torto; e perciò al giudizio dè buoni sottoponiamo i frammenti di una cronaca anonima ed inedita beneventana dell' infausto anno 1764.
Gli episodii pietosi di quell' anno furon ricordati in Benevento ed altrove (1), in Napoli specialmente, con varie pubblicazioni (2). Per integrare quindi i frammenti di tale nostra cronaca ci serviamo, come introduzione, di una notizia anche beneventana ma di diversa provenienza, e, come schiarimenti, di qualcuna di quelle pubblicazioni, ed in preferenza di quella del dottor Michele Piacenza o Sarcone di Terlizzi (3). Essa ci sembra più adatta allo scopo, sia perchè di scrittore elegante, storico verace e medico valente, e sia perchè l' autore trovavasi in Napoli in quella circostanza quale protomedico del reggimento svizzero Iaich (4), onde fu testimone degli avvenimenti oculare e cosciente.
1) - Vedi p. e. quanto ne pubblicò per Lucito sulla “Gazzetta di Benevento” (26 ottobre 1921) il dottor Cav. Giovanni Cangiano, che l’estrasse dalle “Notizie civili e religiose di Lucito raccolte ed ordinate dall'arciprete Gennaro Piedimonte - Campobasso - Stab. Tip. Ditta G. e N. Colitti 1899.”
2) - Possonsi tra tante leggere le seguenti:
- «Lettere concernenti l'epidemia sofferta in Napoli di D. Francesco Merli ».
- « Saggio su le malattie di quest'anno 1764 con un trattato del Cantéra “.
- « De febre popolari neapolitana libri duo Iohannis Bapt. de Bonis ».
- «Historia phisico - medica epidemiae neapolitanae an. 1764, opera ac studio Coelestini Cominale elucubrata ».
- « Lettera sulla cagione universale della costituzione epidemica dell'anno 1764 in questa città di Napoli trascritta ad un amico professore dal dott. Domenico de Muti ».
- « Lettera latina diretta al celeberrimo Van - Swieten in foglio volante del signor Vivenzio”.
- « La composizione in ottava rima intitolata - Partenope a piè del Re Cattolico - nel miscellaneo delle composizioni poetiche pag. 149 ».
3) - « Istoria ragionata dè mali osservati, in Napoli nell'intero corso dell'anno 1764 scritta da Michele Sarcone, medico direttore dell'Ospedale del Reggimento svizzero di Iaich - Napoli 1838 ».
4) - Contemporaneamente era primo cappellano di quel reggimento il Padre Ludovico da Benevento.
INTRODUZIONE
Notizia dell'anno 1763; e 64 (1). — In questo anno 1764, fino dall' anno 63, che fu la raccolta, avemo avuta una annata tanta calamitosa e piena di miserie che a mio credere non ve ne sono state da altre consimili fin dalla creazione del Mondo. Cioè il grano fin' al mese di 9vembre del 63 si vendeva ad un prezzo mediocre di 45, 46 la soma (2), ma poi intimata l’annona dalla Reggenza di Napoli cominciò avanzarsi fino a docati sei, e nel mese di Gennaro dell' anno 1764 fino alla nuova raccolta andava il grano à docati 15, 20, 25 fino a 30 (3) la soma, il grano d' india (4) à 15 docati la soma, le fave a docati 15 la soma, ed altre legumi, come ceci, nemiccole (5), à docati 12 la soma, i lopini à dieci docati la soma, si giunse a tale stretezza di vivere, che vi era ordine del Governatore di Benevento D. Stefano Borgia, come Delegato della Santa Sede di Roma, si dava ad ogni particolare, anche faticatore nove cavalli di pane il giorno, cioè mattina, e sera.
Il pane era diciotto oncie, e si vendeva a grana tre lo scoccone; il pane di grano d' india a tornesi nove il rotolo (6).
Per tutto il regno dì Napoli altro pane non si vendeva, che pane di orzo fino a grana otto il rotolo. Anche in Benevento si vendè pane mescolato d' orzo, e grano d' india ; insomma fu una raccolta l’anno 63 scarsa d' ogni sorte di viveri, cioè grano, grano d' india, fave, ed altre legumi, oglio, ed ogni sorte di frutti, fuorché nel ristretto di Benevento si fè un pò di vino, ma non già nel Regno. Vi è stata una mortalità quasi generale per tutto il Regno e ristretto di Benevento.
“Tutto accadde nel Regno di Napoli, ristretto di Benevento, ed anche nello stato di Roma, e non già in altri Regni”.
«Cominciò la penuria, come s'é detto, nel mese di dicembre, ma Iddio che sempre usa misericordia nel castigo fe' accadere in quell' anno un' invernata dolce avendo fatto solo a 20 novembre una neve non mai veduta, che poi non più cadde nell'inverno, talchè nel mese di gennaro sembrava una primavera, e la povera gente non avendo pane, si cibava di sole foglie campestri che in grandissima copia si vedevano continuamente nascere.
1) - Questa è la notizia che, data manoscritta al dott. cav. Giovanni Cangiano, fu da lui illustrata e pubblicata nella « Rivista storica del Sannio - anno IV num. 3.
Dal giornale di casa del Dottor Giuseppe Loffredo di Lucito, riprodotto nelle « Notizie civili e religiose di Lucito raccolte ed ordinate dall'arciprete Gennaro Piedimonte » vennero dallo stesso dottor Cangiano nella “Gazzetta di Benevento” del 26 ottobre 1921 pubblicate alcune note, che cominciano così:
«Questo secolo XVIII ha avuto un anno memorabile, e stupendo per le funeste conseguenze causate dalla scarsezza dei viveri e pessima raccolta..«Il principio di quest' anno fu l'agosto 1763, in cui la siccita e gragnole cadute nel Regno di Napoli si raccolse pochissima quantità di vettovaglie, talchè si cominciò a patir di fame dal mese di dicembre e sempre più crescendo la penuria del pane, cresceva la fame, in maniera che riduceva le persone a mangiar le cose schifose, e crude, ma anche le riduceva a morte, e questo durò fino alla nuova raccolta del 64. «Una tale penuria fu generale in tutto questo regno, né fu da essa esente la stessa capitale.
2) - Qui si parla di carlini corrispondenti ciascuno a cent. 42 1/2 mentre la soma, o sacco, che era di tre tomoli, corrisponde a circa chilogr. 130.
3) - Il ducato equivale a lire 4,25.
4) - Grano d'india, cioè granone o granturco.
5) - Nemmiccole son dette le lenti o lenticchie.
6) - Il cavallo o callo era moneta equivalente a centesimi 3,18; l' oncia un peso equivalente a grammi 25 circa ; il tornese una moneta equivalente a cent. 2; ed il rotolo un peso corrispondente a grammi 890.
CRONACA
Gennaio - Incomincia l' anno 1764 con funesto prencipio di carestia benché i tempi si mostrano col sole e gelate, (1) con tutto ciò i viveri son mancati per il lucro della Città di Napoli, mentre questi sono tolti per forza dal Regno dalla tirannia del Ministro Pallante, dal quale molti sono stati condannati alla forca per non aver subbito dato alla richiesta di d.to Ministro il Grano, e si perché la scarsezza e malissima raccolta (2) che ci sono stati due anni, onde per tal motivo si sentono, e vedono gran miserie, che in moltissime terre vengono abbandonate, mentre non hanno affatto pane per poter vivere.
1) - «Dopo di esser corso l'anno 1763 dall'autunno sino al dicembre con irregolare freddo, con iscarsa pioggia e con costante siccità, videsi in gennaio del nuovo anno 1764 riprendere la superiorità dà venti di ponente e libeccio., La prima malattia che meritava attenzione fu la diarrea”. Sarcone Michele - Istoria ragionata dé mali osservati in Napoli nell' intero corso dell' anno 1764 - Napoli 1838 pag. 37.
2) - « Universalmente nel regno e fuori di esso infelicissima fu la ricolta delle biade di principal uso per la manutenzione della vita. Dal parere dato dai dottori Serao, Rubertis, e Cinque per ordine della Corte sotto il dì 26 giugno 1764 ›.
“….fu nel regno scarsa, viziosa ed universalmente infelice la ricolta dei generi necessari al sostegno della vita, e specialmente del grano” - Sarcone p. 141.
Da tal notizie Mons. Stefano Borgia Governatore di questa Città di Benevento si ha fatto venir dal Sommo Pontefice (1) una assoluta, e dominante Bulla che nell'infrancente (2) carestia, fare a suo modo tutto ciò che gli piacerà senza darne conto, o referir cos'alcuna alla Sagra Consulta e tal dominio stenderlo non solo sopra allo stato laicale di qualunque sorte, stato e condizione, m'anche sopra agli Ecclesiastici tanto Secolari quanto Regolari, con ampla facoltà di carcerare, punire, etiam (3) scommunicare.
Ha dato questi passi il Prelato mentre è venuto costretto dal Reggio Menisterio, per il soccorso del grano, perciò si regolerà da una rigorosa e puntuale Annona per la città, e del rimanente, e superfluo, dallo al Regno.
Subbito ottenuto tal ampla facoltà dal nostro Sommo Pontefice immediatamente cacciò fuori un ordine bandito a suon di tromba per tutti i capi di strada, della Città, nel quale si ordinava a tutti, di qualunque sorte condizione, e stato, tanto laicali quanto ecclesiastici, che per il termine di otto giorni, che tutti avessero revelato la quantità del grano, granodindio, e qualunque sorte di vittuaglio, legumi ecc. che da ciascuno si tiene, includendovi tal rivela anche quei grani e granodindi, che sono stati riposti per proprie loro spese, ancor questi fossero de' Religiosi sotto pena di ducati cento, e la perdita del grano, ò altro ecc. ed altre pene corporale. Quest' Editto fu emanato ai 7 di Gennaio.
Fatta che fu detta revela con tutta 1'esattezza, fu calcolata la somma di detto vittuaglio, includendovi ancora l' Orzo da panizzare, e si vidde, che vi mangava per tre mesi.
1) - Allora era papa Clemente XIII Rezzonico, ed il Governatore Borgia Stefano, appunto l'autore della Storia di Benevento, morto Cardinale.
2) - Vale per invadente.
3) - Cioè: ed anche
Il Prelato si crede, che detta revela sia stata fatta sincera e puntuale ma non è così, atteso la Nobiltà Beneventana ti anno revelato il terzo, ed essendogli stato riferito ciò, non vi ha dato credito per la maledetta politica e rispetti umani, perciò ò per altri suoi fini a 19 d.to fece altro editto, che nessuno avesse venduto grano, o grano dindia, o avesse trasportato fuori della Città tal cosa ancor che servisse per seminare, o piantare, senza l'espressa licenza scritta e firmata di suo pugno sotto pena della perdita della sudetta robba e di ducati cento ed altre pene corporale a suo arbitrio.
Dalla malizia di tal sorte di gente è parso conveniente a tutti gli mercanti di Grano far un ambla offerta al Prelato, che egli avesse dato tutta la potestà ottenuta dal Sommo Pontefice in mano loro acciocché essi con altra esattezza avessero potuto far la detta Annona, promettendo di obbligarsi in solitum tutti i sopraddetti Mercanti di dare il grano ai Cittadini per carlini dieci il tommolo, ed il resto vendersi da loro in qualunque prezzo che gli agradiranno, e mancando per un sol giorno del anno, fino alla nuova raccolta, soggiacere alla pena di trecento ducati per ciascheduno ed altre pene a piacimento di esso Prelato e tale offerta non è stata accettata dal detto Prelato rispondendoli che si vi era il grano veniva il tempo che dovessero poner fuori a malincuor loro, ma tutto questo no per altro motivo - siccome si scorge dalla dipendenza del Prelato verso la Nobiltà.
Le notizie del Regno sono cattive per la mancanza del grano, più cattive sono quelle della Città di Napoli (1) che il pane affatto ed in tutto è mancato, e giorni addietro il popolo volevano in ogni conto strascinare i grassieri (2) e la Reggenza, onde a tal motivo tutti fuggivano sopra S. Ermo impostando i cannoni contro la Città.
A 27 detto uscì un altro ordine da questo nostro Governatore che da ogni Parroco si fosse fatto lo stato dell' Anime fuoco per fuoco (3) e che detto fusse stato fatto con tutta diligenza. Che per il Regno siano mancati i viveri è cosa certa, mentre si argomenta dagli stessi Forastieri e Poveri che sono venuti in Benevento, che sono fino al numero di sei mila poveri, quali tutti vanno elemosinando e gridando ad alta voce la Carità per la Città, cose, che ti fanno inorredire, e se in caso che vuoi soccorrerne uno corrono in un subbito almeno venti, quali te la chiedono con tanta efficacia e con tanti atti sommessi e misericordiosi, che ti fanno piangere per la pietà, ma che non si può somministrare a tanti ed a tutti onde bisogna scappar via, e per la venire non far limosina. (4)
Questi non solo ti tormentano il giorno ma anche la notte fino alle cinque e sei ora, che vanno gridando ad alta voce, «pane per amor di Dio, soccorso per pietà, che moriamo di farne» e chi dice da tre giorni e chi da quattro di non aver provato pane, che in sentirli ci sentiamo dividere il cuore dal petto; vorressimo soccorrerli ma non si può a tanti, per la quantità che vi sono, non perciò si fa da tutti quanto più si può per sovvenirli.
All' incontro gli abitanti de' Casali convecini come S. Leucio, S. Angelo e suoi casali, Apellosa, Castelpoto ed altri, non fanno altro che giornalmente carricarsi (5) di pane, e portarlo nel loro paese, per la qual cosa avendo considerato M. Governatore, che il pane si lugra soverchio per la causa di tal trasporto e che fra breve mancherebbe anche ai Cittadini Beneventani, perciò ha fatto un ordine a venditori di detto non venderne più che tre tornisi alli sopradetti Forastieri, all' incontro ha posto di guardia due soldati per ogni porta della Città, con ordine, chi portasse pane più di tre tornesi che gli sia levato il soperfluo e che detto pane superfluo vada in beneficio de soldati.
Con tutto ciò le donne forastiere sone state capace di ponerselo sotto in mezzo alle gambe e uscir di Città. Accortosi e saputosi dal Governatore tal cosa, è stato costretto di ponerci una donna ancora in mezzo de soldati per ogni porta acciò che come donna possa far diligenza (6) sopra le donne che usciranno senza scandalo alcuno.
Ne meno questo è stato sufficiente mentre gli stessi Cittadini Beneventani prendono del pane, e lo cavano fuori ed in luogo nascosto e sicuro lo danno a forestieri, e questo non lo fanno per carità o altra opera pia, ma per loro interessi, e vantaggi mentre il pane vien pagato a loro il doppio, cioè il pane di una pubblica (7) lo vendono per tre grana.
Saputosi ciò dal Superiore, ha fatto un altro ordine e si è che si devono tutti ricercare, tutti i Cittadini che escono fuor delle Porte della Città, senza far eccezione di alcuno, e ritrovandosi in fragrante crimine, sogiaceranno alla pena di ducati cento e sei mesi di carcere ed altre pene arbitrarie ec. tutte le dette cose sono sortite in questo corrente mese.
In Napoli, a Foggia, Lucera e tutte le Città del Regno si da il pane per via de' cangelli e con guardie assegnando non più che mezzo rotolo di pane il giorno a persona ed una quarta ai fanciulli. Frutti nella piazza di Benevento non ve ne sono affatti; e per detti altro non si vende che forza di lupini curati.
La minestra va un pò cara con tutto che vi sono i bolognesi. (8)
1) - Ciò che era esistente nelle viscere del regno non ebbe un circolo esattamente distribuito, per quella dura fatalità, per cui la fraude e la malizia degli uomini, nati a profittare della sventura pubblica, sacrifica a suoi furori ogni sentimento di equità, di decenza e di umanità, e sà mille strade aprirsi per sottrarsi alla più rigorosa inquisizione della giustizia.
Quel che vendibile si presentava non era costantemente utile, facile e sincero. E ciò che di soccorso si attendeva o venne tardi, e non fu sempre e tutto sano, o fu interamente dannoso». Sarcone pag. 142. «Furono puniti rigorosamente molti venditori di pane e di farina. La loro perfidia giunse al segno di mischia del marmo, dell'arena, delle ceneri fra la farina” . Cominal Constit. Epid. Neapol. pag. 51.
2) - Assessori dell'annona.
3) - Casa per casa o famiglia per famiglia.
4) - fu allora che si videro inondate le città più popolate, ed in conseguenza più comode, da numeroso stuolo di miserabili cenciosi, che, cacciati dalla fame, abbandonavano il loro nido, e correvano nelle città ricche per trovare scampo alla irreparabile morte, cui vedevansi esposti. Questa turba infelice, scorrendo di città in città, sparse da per tutto immagini di lutto e di tristissima desolazione. L'aere inclemente, lo scarsissimo od il perverso alimento, l' idea dell' invincibile propria miseria, la naturale impulitezza, la mancanza assoluta de' mezzi necessari a cambiarsi la camicia e gli abiti lordi ed immondi di putentissimo sudiciume, il moto incessante e lo stento, non poterono non alterare lo stato del sangue di questa povera infelicissima gente, e far concepire nella macchina quella funesta confusione, ch'è l'ordinaria conseguenza della miseria e della fame ». Sarcone pag. 150
5) - Provvedersi con carri, o a carichi.
6) - Rovistare.
7) - Altra moneta centesimale.
8) - 0 pulignisi, specie di cavoli di cui si fa grande uso in Benevento.
Febbraio — Tutto il mese di Febbraio è stato molto asciutto, senza una piccol pioggia ; ma sempre sole caldo, e la mattina, una gelata, verso la fine detto mese incominciando proprio dalli 20 detto che verso la sera spirava un aura calda, appunto come fosse stato il mese di Maggio e Giugno. Si fece la Fiera di S. Biagio ma senza negozi. (1)
E perchè frutti non ve ne sono stati, e comparendo cosa in questa fiera, si sono vendute le castagne a duo a calli, e mela a una a callo, circa de lupini in quantità, ma venduti anche a caro prezzo. E di tal maniera si sono vendute le noci a due a callo, o fragide o buone, come alle castagne. Nel primo giorno di detto mese perchè non vi sono affatto Dogane (2) perciò Monsignore ha incominciato a distribuire il grano a questa maniera per via di cartelli, tassando ad ogni persona mezzo tomolo di grano, ed acciò non vi sia confusione ha determinato:
Il Lunedì per la Parrocchia del Salvatore e S. Stefano. — 2. Il Martedì S. Catarina e S. Marco. — 3. Mercoledì S. Modesto e S. Giacomo (3) e gli Panettieri. — 4. Giovedì S. Maria Costantinopoli e S. Donato. — 5. Venerdì S. Leucio e suoi Casali. -- 6. Sabato vacanza per spedir la Posta di Roma. — 7. Domenica altro rimanente de Casali e gli Panettieri.
- Il Magazeno dove si prenderà il grano viene espresso nel detto Biglietto, ed il padrone di detto magazzeno dovrà custodire i biglietti, e riserbarli acciò compito il suo grano o grano d' india, si possa calcolare se si ritrova quello che depose nella revela, e ritrovando mancando o soverchio, incorrerà nelle pene bandite nel mese passato. Il detto grano, e grano d' india, è venuto tassato per sempre dal sopradetto Governatore, ed i prezzi (4) sono:
Le mesche e romanelle, a carlini sedici il tommolo, ed il denaro lo doveranno prendere come si ha da i compratori, cioè o di rame o di argento.
Il grano d' India a carlini undici il tommolo, e tutto argento.
Le saragolle fine cinque docati il tomolo, ma di queste non ve ne sono, e perciò i Maccaroni non se ne fanno più, e quelli pochi che si fanno vanno a 26 grana il rotolo, (5) così anche vanno i stortini, che comunemente si dicono Gnoccoli. I risi a due carlini il rotolo.
Le banche di frutti sono affatte spogliate e prive di ogni sorte di frutti fin anche di cetrancole, onde i detti venditori si sono posti a far Infranfellicchi (6), e vendono lupini curati e di questi ne fanno gran smaldimento.
Nella campagna si ritrovano molti cadaveri così di uomini, come di donne morti per la fame, e molti si trovano con la bocca pieni di erbe, ed altri con le mangorde? piene di grano sguigliato, (7) e non passa giorno che non ne portano cinque o sei morti, con tutto che Monsignor Governatore ha dato ambla licenza a tutti di cogliersi le Rape, ed infatti non è rimasta una rapa per rimedio per la campagna, tal ordine e licenza è stato dato anche per tutto il Regno a custodir le semenze, e sono stati costretti spiantarle e ponerle in luogo sicuro. La stessa carestia corre anche in Roma, ed in tutto lo Stato Ponteficio, e nella Toscana tutta, come anche nella Spagna, correndo le notizie che in detto Regno va il grano a trenta ducati il sacco.
Simil carestia non ancora si è sentita, è vero che nell'anno 1742 vi fu una gran penuria, ma vi furono dei frutti e delle carne in abbondanza, e perché annona fu data a dovere, ed in suo tempo perciò non si parti il grano se non a dieci carlini il tommolo anzi ve ne rimase secondo l'Annona fatta per l' anno 1743.
Le notizie di Napoli sono funestissime, per esser mancato affatto il pane, e sono stati una settimana intiera senza panezzare con tutto che il Ministro Pallante fa stermini per il Regno per far cacciare il grano, con tutto ciò non fa cos'alcuna mentre non ve n' è per la tratta da loro data. Non hanno mancato gli Eletti del Popolo di mandar a far provvista estra Regno, ma in tutti patiscono, e per la speranza che viene i Napoletani non fanno qualche nuova risoluzione.
Perlochè nella città di Napoli non si fanno altro che penitenze, prediche, esposizioni del SS. Sagramento, ed esposti altri Santi Protettori. Fra l'altro fu esposto il glorioso S.Antonio di Padova che è nella chiesa di S. Lorenzo, ed ivi si portarono moltissime figliole scapigliate e scalze, in atto di penitenza, con lo seguito di molte altre donne ed uomini, guidate tutte da molti Padri Spirituali, e Missionari, i quali giunti processionalmeate in detta Chiesa, ivi un Padre di molto spirito predicò sopra il presente flagello pervenuto dagli nostri peccati, e come il Signore sta sdegnato ed indi si diede molte bastonate, come anche pregava il glorioso S. Antonio ad esser mediatore di pace fra Dio ed il peccatore, ed avesse avuto misericordia di tant'anime innocenti, a non farle morire di fame, e come Padre di misericordia avesse avuto pietà e misericordia della Cristianità, questa preghiera era accompagnata anche con molte lagrime e bastonate dal popolo tutto ed in tal atto si sentì un strepitosissimo rumore nello nicchio del Santo, e fatto un gran silenzio dal Popolo, ed a mirare ed udire, cosa sia nel detto nicchio, si sentì e si vidde con un gran scricco (8) rompersi e fracassarsi il cristallo dello nicchio ove era il glorioso S. Antonio. Da tal successo s'intimorirono tutti, e tutti uniti gridavano — misericordia, pietà Signore, — e tra li gridi, dirottissimi pianti, accompagnate dalle descipline a sangue de già detti Padri Spirituali, onde da tal successo miracoloso la città di Napoli si è fortemente intimorita, ed altro non si fanno che processione di Penitenza, si è intimorita ancora dalla quantità di morti per la fame, che si vedono giornalmente, e l'istessa mortalità ancora corre per tutto il Regno.
In Napoli si panizza anche il grano d'India e con tutto ciò manca come si è detto.
Il grano nel Regno va quindici ducati il sacco, ed in tal maniera è comprato dal ministro Pallante. Il grano d'India a ducati dodici il sacco. (9)
1) - «Durano le acque, ma meno attive, e con meno di successiva durata. Regnava una irregolare successione di venti australi n. Sarcone pag. 44.
2) - Cioè concorso di venditori in dogana.
3) - S. Giacomo antica parrocchia tenuta allora dai Padri di Montevergine, poscia incorporata a quella di S. Maria della Verità.
4) - «...è un errore massiccio in economia far Editti che fissino i prezzi. Questi Editti servono a far crescere la carestia. L1 assisa fa due mali: und di far sotterrare i generi, e l'altro di farli scappare fuori furtivamente ». Lettera 14 luglio 1764 dell' Abate Antonio Genovesi. Anche il potente Diocleziano si trovó alle prese col caro-viveri, e in uno editto gli comminò contro la pena di morte. Ma non riuscì a frenare la mania incontrollabile di guadagno, che trascurava ugualmente allora i bisogni delle masse. Lattanzio infatti ci assicura che “quando non si trovava la roba, pretendendo il popolo di comperare ai prezzi stabiliti dalla legge, ma non ponendosi nulla in vendita per paura che tutti approfittassero del buon mercato, la carestia divenne assai maggiore e molti ne furon morti, onde si trovò necessario di abolire la legge...”.
5) - Invece negli anni di regolare raccolta il grano si vendeva a cinque carlini, [L. 2.10] a tomolo, e i maccheroni a un tornese [due centesimi] al rotolo. Quanta differenza con i prezzi attuali, imposti più dal- 1'ingordigia che dalle ragioni che si adducono.
6) - Sorta di pastette con miele.
7) - Cigliato, anche in dialetto, corrispondente a germogliato.
8) - Scoppio, scricchiolio, scricchio.
9) - A segno fu mal sano ed inutile certo frumento che a noi pervenne, che se ne fecero affondare in alto mare ed in sito ben lontano molte prodigiose quantità: preferendo il Governo la conservazione dello Stato a qualunque considerabile danno ed interesse Sarcone pag. 142 Nota 2.
Le minestre in Benevento vanno un poco caro, a quattro callo il mazzetto, e per il Regno più cara; la grazia di Dio si è che sono state in questo mese bonissime giornate che cresce la minestra salvaggiola perché fin'ora i poveri per la mancanza del pane, della minestra non hanno fatto altro che mangiare in minestra lattucaine, quale si ritrovano per la campagna, lordiche, od altre erbe selvaggie.
Per la sopradetta miseria ed in particulare i Regnicoli e casalisti (1) non fanno altro che condurre robbe a vendere rama, oro, argento, lana di matarazzi, tavole, lettiere, legnami di ogni sorte, e questi venderli per basso prezzo, come a dire la rama a un carlino la libra, e così altre robbe tutte vendute più della metà di quello che vanno.
Perchè non si può resistere a i tanti poveri, che tormentano di giorno e di notte, Mons. Governatore ha fatto uno spurgo discreto con mandarne via i più giovani e sani, con ordine espresso a soldati delle porte di non fare entrare a niuno altro forastiero tanto uomini quanto donne né tampoco ragazzi.
Questo riparamento neanche è sufficiente mentre entrano di nuovo, con un fascio di legne, e restano a chieder la carità. Così anche, fu invano l’ordine con la vigilanza, che niuno avesse trasportato pane fuora, e venduto a forestieri, e taluni vanno al molino ed invece di portarselo di nuovo, mezzo lo vendono a forestieri per cinque docati il tommolo, e mezzo se lo ritornano indietro. Da quanto n'é uscito un altro ordine che se in caso qualcheduno incapperà (2) in tal fatto verrà punito con lo svergogno della Frusta (3) e sei mesi di carcere, e con tutto quest' ordine giornalmente si sa che si vende la detta farina.
Or si che si piange Mons. Francesco Pacca Arcivescovo di Benevento, il quale oltre la pietà e carità ch'egli aveva verso de' poveri dava il modo che tutti con le loro fatiche avessero campati (4) ed infatti abbenchè vi fusse stata la Tesoreria (5) volse formarne un' altra di maggior lunghezza e larghezza, edificò dalle pedamente (6) il sito della Libraria Pubblica, la quale viene eretta nel Seminario. Oltre di ciò nell' anno 1763 a 26 di Aprile diede prencipio alla fabrica del nuovo Monistero sotto il titolo della SS. Trinità (7) per rinchiudersi per moniche, tutte per le famiglie cevili di questa città di Benevento. (8) Questo luogo era anticamente anche Monastero delle Orfane sotto il titolo di S. Maria de Martiri e con il terremoto dell' anno 1702 si rovinò dalle fondamenta, e le rendite di detto furono annesse dal Cardinal Ursini Arcivescovo di Benevento alli Signori Mensionari ed il luogo fu dato ai Padri Carmelitani scalzi detti di S. Teresa, ma per l'aria 1'abbandonarono, e venderono detto luogo a un capo Maestro di fabbriche detto il sig. Gaetano Zoppoli, il quale vi incominciò ad edificare un grande e magnifico Palazzo, ma venuto a morte detto Gaetano per i debiti furono costretti gli eredi vender di nuovo detto luogo, il quale fu comprato dall'Arcivescovo Pacca, facendovi un Monte, quali era di ventimila docati, ed oltre di ciò si è obblicato dar quattro mila docati annovi, per tutto il tempo che sarà vivente esso Arcivescovo, ma il Signore non si .è compiaciuto di farlo tanto campare per farli vederli portato almeno in buon porto il suo edificio, se non che solo uscite le pedamente; mentre non tanto che nel mese di gennaio e febbraio si stipularono gl'Istrumenti in un subito nel mese di aprile si diede prencipio alla fabrica, con molta fretta, che nella sua Morte quale fu ai 13 di Luglio dell'anno 1763 si era già giunto al primo piano delle Botteche e Camere, di detto Monistero, e la chiesa postosi la Porta con l'accompagnemento della fabrica della istessa altezza per tutta la Chiesa quale fu tanta fatica in mesi quattro. Morto che fu detto Arcivescovo si levarone tutte le cocchiare (9), a riserba solo di quattro, ed altri tanta manipoli, e tal lavoro tirò fino alla venuta del nuovo Arcivescovo G. Battista Colombini il quale fù al 26 del presente mese di Febbraio dell'anno corrente. Il sopradetto Arcivescovo Pacca governò la Chiesa Beneventana anni undici e mesi quattro.
Con una carestia così forte, e si vede, che per la fama, le povere genti muorono, con tutto ciò altro non fanno, che maschere in quantità in questo presente carnevale. (10)
Per, la sopradetta carestia, i poveri si contentono sol per le spese nel governare che si fanno i grani, ma non passa giorno di sentire, che in mezzo dei campi siano cascati a terra, e morti, onde non mancano mai cinque o sei morti nelle Porte della città oltre quelli che si trovono morti, e mangiati da animali, o in qualche macchia, o in mezzo de medesimi campi in luoghi remoti e discostati.
A tal motivo Mons. Governatore ha fatto un ordine, che subbito ritrovato un cadavero, che il padrone del territorio ne dasse notizia alla Cancelleria criminale, ed in caso, che fusse in stato, che si potesse aiutare, e sovvenire, che si sovvenisse, e se il padrone no fusse in istato di sovvenire darne subbito la notizia, acciò si possa soccorrere il moribondo e non farlo così miserabilmente perire, e chi il contrario oprasse incorrerà nella pena della perdita del territorio, e tre anni di carcere. Ed infatti molti si sono ricuperati, con brodi, ed altre cose ristorante ed altri son morti, ma con i SS.mi Sagraménti, o almeno quello della penitenza ed assistenza del Sacerdote.
1) - Regnicoli eran detti i sudditi del regno napolitano. e casaltsti gli abitanti de' casali del ducato beneventano.
2) - Capiterà.
3) - Castigo di sferzate che a quei tempi s'infliggeva ai malfattori.
4) - Campare sta per: tirare innanzi la vita, vivere.
5) - Quella degli arredi sacri della Metropolitana.
6) - Fondamenta.
7) - Quello delle Orsoline.
8) - L'Arcivescovo Pacca, il più benemerito fra i nostri pastori dopo Orsini, schivo degli onori della Porpora, volle adibirne le ingenti spese necessarie all'innalzamento degli edificii suddetti per dar lavoro e pane agli operai ammiseriti dalle vicende di quei tempi.
9) - Cioè si sospesero i maestri fabbricatori.
10) - Apparve in questi giorni con sparso impeto la febbre reuma “ …, « che in marzo e porzione d'aprile ebbe le fasi della pleurisia e della peripneumonia e d'e mali acuti di fegato uniti a quei del petto”. (Sarcone p. 44 e seg.)
Marzo - Il detto mese si è portato al solito de mesi di Marzo or con acqua or con venti, ed or con sole e gelata, benchè dal primo del detto fino alli sette sempre piove e ne monti gran quantità di neve, talchè i caldi dell'antecedente mese che avevano fatto imbottire (1) gli alberi per i detti freddi sono alquanti attassati, il resto del mese si è portato come si è detto di sopra.
Le minestre sono alterate in modo che vanno a quattro calli ed un tornese il mazzetto, e tal penuria è pervenuta per la neve che fece nel mese di Novembre, la quale le fece tutto seccare, ne si è potuto più ricuperare, come anche i poveri non fanno altro che abbottarsi (2) di minestra per sparambiar il pane, ed altri per non aver pane come i poveri Regnicoli si cibbono solo di minestra. La grazia del Signore che i caldi del mese passato in un subito han fatto crescere la minestra selvaggiola onde altro non si vede per la campagna migliaia di donne di ogni sorte di ceto senza eccezione di civiltà, e con scuffie (3), andar cavando cicorie, e l'altra meraviglia, che si portono il fascio di legne ancora, quanto più, che dal mese passato fu menato Ordine da questo Governatore, che tutti avessero potuto girar per minestre di rape ed altre, come anche fattosi delle legna, però senza toccar legnami fruttiferi, o far altro danno notabile.
Oltre degli Lupini, e infranferlicchi, che si vendono dagli Fruttaroli (4), in mancanza de frutti, si sono posti a vendere, risi cotti, e questi li danno dentro un piattino, con il suo cocchiarotto di legno, scendendo ad ogni sorte di prezzo, incominciando dal tornese in sù, così anche si vendono le favolate cotte e queste si vendono fin anche a tre calle; delle sopradette cose tanto de lupini quanto degl'infranferlicchi, risi e favolate se ne fanno un gran smaldimento, e un gran guadagno da venditori più che vendessero degli Frutti.
Avendo Monsignor Governatore considerato, che il pane di grano non sarà sufficiente per fino alla nuova raccolta, fa anche panezzare del pane di grano d'india a cinque tornesi il rotolo.
Di più ha tolto il panizzar pane bianco, ma si fa una sorte di pane per tutti, tanto per i poveri quanto per i civili.
Ha levato tanti venditori di pane, ponendone solo i presenti: un posto di pane (5) in S. Sofia e questo venderà il pane agli abitanti della Parrocchia del SS. Salvatore. Il secondo posto al Pontile (6) e questo venderà il pane agli abitanti della Parrocchia di S. Angelo e Stefano e S. Marco. Il terzo alli Quattro Cantoni e questo agli abitanti di S. Caterina e S. Modesto. Il quarto in mezzo della Piazza e questo agli abitanti della Parrocchia di S. Giacomo (7), e S. Maria di Costantinopoli. Il quinto anche nella Piazza per gli abitanti della Parrocchia di S. Donato.
Nelli detti posti vi sono stati messi per venditori una persona dell'istessa Parocchia, con un soldato, e questo come della medesima parocchia acciò possa conoscere i compratori se non della Parocchia assegnata, nè possono comprar pane di altra parocchia, nè quelli, che ricevono il grano mese per mese, e questi non solo non riceveranno il pane, ma incorreranno nella pena di tre mesi di carcere, ed in caso che alcuno non si ritrovasse il denaro per il grano, o per altro motivo, e lo volesse comprare deve prendere il cartello, o sia licenza di Mons. Governatore.
Di più il detto Governatore ha tolto la gabella del pane, perlochè il pane viene a nove tornesi il rotolo, solo a cittadini beneventani. All'incontro à posto nella piazza un Posto diviso e destinato dagl' altri, e questo vende il pane per i forestieri, ed il pane viene a quattro docati il tommolo (8) a raggione di sedici docati il sacco.
Ha tolto il panizzare pane bianco, perlocchè si fa una sorte di pane per tutti, tanto per i poveri quanto per persone civili ricche a riserba solo di Mons. Arcivescovo.
Di più ha ordinato che nessuno entrasse in città, a riserba di quelle persone che sono di passaggio, per la qual cosa tutti i casalisti che vengono a vender robbe, legnaiuoli, le loro robbe le devono vender fuori Porta Rufina ed ivi si fanno i Mercati, ed a questi gli si è concesso il comprarsi sol nove calli di pane, il quale nel medesimo luogo fuori della Porta vi si è formato il posto, come anche vi si è posto una Bottecha di ogni sorta di salumi, formaggi, per uso degli detti venditori forastieri per non aver ingresso nella Città.
I morti da giorno in giorno moltiplicano ch'è un terrore, anzi le notizie del Regno son funeste, che vi sono terre, che si sono mezze spopolate per esser tutti morti per la fame. (9)
1) - Va quì usato per fiorire.
2) - Gonfiarsi come botte per soverchio mangiare.
3) - Cioè anche gentildonne con cappelli.
4) - Cioè fruttivendoli
5) - Posto, o puosto in dialetto beneventano, sta per spaccio.
6) - Il Pontile era l'arco o ponte che allora sovrastava la via all'Arco Traiano all'imboccatura del Corso, adiacente all'antica osteria, ove fermossi Orazio a mangiar tordi. Fu abbattuto per l'allargamento del Corso.
7) - Ora S. Maria della Verità.
8) - Il grano giunse a vendersi sino a sei e sette ducati di regno per ogni tomolo nelle stesse città, che sogliono abbondare di questo genere..- Sarcone pag. 149 - Nota 3. «Il prezzo del grano in quest'anno su il principio nel tempo della raccolta fu molto alterato, cosicchè vendevasi a 15 carlini il tomolo, anzi verso la fine di ottobre uscì dispaccio tassando il prezzo a carlini 12, qual tassa fè sì che nessuno vendesse, onde mancarono le provviste, le quali affinchè si potessero fare in appresso il Consigliere Pallante andò in giro per il Regno dando la libertà di vendersi il grano a quel prezzo che si poteva e di toglierlo a forza da chi lo teneva; onde il prezzo del grano era verso la primavera di docati 4 il tomolo che poi nel mese di maggio crebbe sino a docati 6” - Dal Giornale di Casa del dott. Loffreda di Lucito.
9) - « Quindi era lagrimevole il vedere da per tutto errare per le strade non uomini, ma cadaveri viventi, pallidi, sparuti, cenciosi ed esalanti un rancito spiacentissimo vapore. Di questi altri cadevano svenuti per pura inanizione, abbandonati alla sicura morte, qualora non erano dalla pietà di qualche anima generosa prontamente ristorati e soccorsi: altri morivano in sulle strade, affollandosi loro intorno con inopportuna compassione o curiosità i meno considerati o gl'imprudenti: ed altri, caduti bocconi sul suolo, morivano vomitando scarso e disfatto sangue, o rendendo per vomito sanguigna spuma lorda di erbe divorate. Non fu perciò che troppo familiare e naturale il vedere ridondata nei pubblici ospedali, ed in tutti i ridotti d'antica e di novella fondazione, moltitudine di persone languenti, e l'osservare molti infermi sparsi da per tutto». Sarcone pag. 150.
Dagli Civili e Mercantili, quali fanno a larga mano elemosina, è fra gli altri il sacerdote D. Giovanni Meoli, questi non gli bastano 10 carlini al giorno, sempre di continuo dando la minima elimosina, o sia piccolo o grande, nove calli, oltre a questo tiene in casa un grosso caldaio di grano d'india cotto giornalmente facendo dare a chiunque sia un piatto, ancorché l'avessero ricevuto in denaio, oltre di quei, che à ricuperati dalla morte, con brodi di galline ecc. tenendoli finché si son ristabiliti in sua casa in buon letto, e se é bisognato il Medico e Medicine non l'ha mancato quasi formando un Ospedale tenendo apposta una stanza.
Oltre di ciò nella ultima sera di carnevale tenne otto donne a giornata a far maccaroni, i quali li cucinò in detta ultima sera dandoli tutti a poveri e quel che fu meraviglia a sazietà, i detti Maccaroni furono un sacco ed in più volte furono cotti, incominciando dall'ora ventitrè, fino alle cinque della notte ponendosi con detti maccaroni la carne in tegamo, ed il pane.
Anche è caritativo il sig. Mennato Cusani, il sig. D. Orazio Colle, il Sig. Felice Pallante, ma questi non arrivono alla carità e pietà dei Sig. Meoli, quali son tre fratelli carnali vanno a gara chi fa più elemosine, ebbenchè il Sacerdote supera tutti.
Il baccalà in questa Quatragesima va a quattordeci grana il rotolo. Le sarache a nove calli l'una. Arenche non ve ne sono, ne tampoco occhio grasso. La tonnina a 18 grana il rotolo. Il tarantello a 28 grana il rotolo. L'alterazione delle dette robbe è perché Napoli patisce di pane, ed altro non fanno che cibarsi di dette cose.
Le notizie della Città di Napoli (1) son cattive, mentre si muore per la fame, ed altro non fanno, che strepitose penitenze con l'esposizione de' molti santi protettori, (2) e fra l'altro vi è un altro segno anche segnalato come quello del glorioso S. Antonio, e si è che, avendosi esposta l'insigne reliquia del glorioso S. Giacomo della Marca, questo dalla Santa costata, tramandò sangue, a tal successo maggiormente si è intimorito il popolo di Napoli inviaggendosi vie più alle penitenze.
Con tutto ciò poco è mancato che il popolo basso non si fosse sollevato, mentre un povero uomo andó, a prender del pane, e per non restarne privo come suole giornalmente accadere si pose assalire per il cangello di legno che fa riparamento al Venditore. Un soldato, che stava a guardia del detto rivenditore, fece cadere a terra quello ch'era salito sopra del cangello, con tirarli una gran spontonata con lo schioppo, il lazzarone vedutosi in tal maniera maltrattato dal soldato diede depiglio alle pietre ed incominciò a tirare, il soldato lo seguitó a botte di pontonate e fucilate che lo ridusse a mal partito, talchè corsero la moglie, le sorelle, i fratelli, amici e parenti, e a botte di pietre e taccarate, ammazzarono il soldato, facendoli uscire le cervella dalla capo. A tal rumore corse la Cavalleria ed in tal maniera tutti si pacificarono, ma il soldato morto.
Da tal successo il Re (3), con tutta la reggenza in quell'istante si partì per Gaeta, ed ivi al presente si trattiene fine alla nuova raccolta siccome pubblicamente si dice.
In molte terre del Regno per manganza del pane, si cibono di punte di gramegna cotta e dicono che da sostanza ma intanto muoiono (4).
Su i principi di Marzo Mons. Governatore fece bandire, a suon di tromba, che in questo Anno non si faceva la fiera della SS. Annunziata, ed infatti non vi è stata cosa alcuna, così anche non si è fatta la fiera della Aversa, e tutte l'altre del Regno per mancanza del pane (5).
1) - Armossi invano la più tenera ed amorosa carità del Principe (Ferdinando IV) dell'eminentissimo nostro arcivescovo il cardinale Antonio Sersale, dè paticolari, e di molti zelantissimi prelati per resistere alla pubblica miseria. La pietà resto inefficace, scarseggiando i mezzi, ch'erano i generi necessari, per soddisfarla ». Sarcone p. 150.
2) - Crescendo la fame si ricorse al patrocinio del Santo. A 6 marzo s'incominciò nel Tesoro una novena a S. Gennaro con segni di penitenza nel popolo, che fin dal 1 marzo veniva in processione al Duomo. Il Santo vi provvide. A 9 marzo vennero nel porto tre legni carichi di grano; e poi altri dieci bastimenti di grano approdarono, commessi si, ma non aspettati, in quel tempo ». Strenna napoletana 1905 pag. 15-17
3) - Era Ferdinando IV di anni tredici, e perciò sotto la reggenza presieduta dal ministro Bernardo Tanucci.
4) - Le miserie orribili furono quelle che si sperimentarono né luoghi remoti dalla capitale, in alcuni dei quali la carestia fè sentire i suoi più terribili effetti a segno, che la gente povera e meschina, abbandonata agli stimoli d'una rabbiosa fame, fu costretta a nudrirsi di vilissimo cibo, a vivere di pure sostanze erbacee cotte e condite col sale e coll'olio, ed i più miserabili fino furono ridotti a cibarsi d'erba non cotta “.Sarcone p. 149.
5) - In Foggia, in Lucera, in Aversa, in Capua vissero sani sino a che non furono infestati dà miserabili” - Sarcone p.159.
“..Foggia, Lucera, Sansevero e qualche altro paese non cadde in morbo epidemico, se non quando vi si radunarono a turbe i miserabili cenciosi, le putride esalazioni dè quali patentemente ferivano ed offendevano l'odorato, come quelli che erano marciti dalla fame” Calvitti Lettera del 22 settembre 1764 da Foggia.
Aprile- detto mese di Aprile si è portato tutto differente dè sopradetti, mentre egli è stato piovoso e freddo e perché in tutto il detto mese è tirato ancor la luna di Marzo per essere stata la Pasqua a 22 di detto, perciò è stato incostante or caldo or freddo, or con sole, ed in mediatamente con acqua, e fra l'altro vi sono stati quantità di venti freddi come anche moltissime gelate, acqua e grandeni (1), a tal motivo i frutti hanno patito molto, e fra l'altro le ciregge e le pera.
La minestra de cavoli va carissima, siccome il mese passato. Ma vi sono una grandissima quantità di cicorie che vanno a trent'a grane il mazzetto.
In questa Pasqua, non vi sono state ova, atteso le galline si sono tutte mangiate per la manganza del pane, onde quelle che vi sono state sono andate a tre tornesi l'uno. I Risi non anche ve ne sono stati, e quelli pochi a 26 grana il rotolo. Per la qual cosa Pastiere (2) affatto non ve ne sono state a riserba di qualche casa commoda.
I lardi secondo l'assisa, quelli nuovi a 26 grana il rotolo. I lardi vecchi a tre carlini il rotolo. L'insogne a 29 grana il rotolo. Summe e spalluzze a grana 18 il rotolo. Casci di puglia a grana 24. Ricotta di puglia a grana 20. Cascio paiesano a grana 14. Ricotta soprassale paiesana a grana 13.
In questo anno non si è fatto lo sparatorio nel giorno di Pasqua, ne tampoco la festività di S. Antonio e quella di S. Pasquale.
Son terminati i streppi di cavoli, ma sono uscite le cipolle, ch'è una cosa peggiore per i poveri, i quali non tanto, che vengono buttato per le finestre i strepponi di dette cipolle, che in un subbito son prese, ed altro non si vedono che poveri tanto donne, quanto uomini e ragazzi con detti streppi di cipolle in mano mangiando senza pane e perciò in passo in passo per la città si vedevano persone semi-morte tramandando per la bocca quantità di schiuma, e molti muoiono.
A tal motivo Monsignor Governatore, alla fine di detto mese, emanò ordine a tutti gli ortolani, che dette cipolle si fussero portate a vendere alla piazza senza i strepponi ma sol le teste legate coi giunchi.
L'Arcivescovo ne tre giorni festivi di Pasqua ogni mattina faceva dare parrocchia per parrocchia un rotolo di pane a persona, senza eccezione di persona, e chi non aveva tal bisogno lo prendeva e lo dava a chi a lui piaceva.
I morti per la campagna se ne ritrovano in quantità, e non è pasato giorno di questo mese che non se ne sono portati almeno dodeci, e detti sono stati d'ogni sorte di genere, tanto uomini, quanto donne, o ragazzi; talchè le sepolture ecclesiastiche sono piene ed in particulare quelle del piano dell'Arcivescovado, e quel ch'è peggio non si può resistere in Chiesa per la puzza con tutto che sono levate l'invetrate di dette chiese.
In molte terre del Regno son serrate affatto le sepolture ecclesiastiche, e a tal motivo alla metà di detto mese Sua Maestà mandò un dispaccio per il regno, che li cadaveri si fussero bruggiati, ma perchè si considerò che tal cosa non potiva sortire, per la mancanza delle legna, che in molti luochi ne son privi, come è appunto la paglia, per tal motivo è uscito in questi ultimi giorni del mese, che si fussero fatte a spese dell'Università di ciascheduna città o terra ecc. (3).
Per grazia del Sig.re in Napoli son giunti tre bastimenti di grano li quali l'hanno fatto venire molti mercanti Napolitan .
Ma prima, che fussero venuti detti bastimenti il Ministro Tanucci scrisse con tutta puntualità al Re cattolico (4) lo stato in cui si trovava la città di Napoli e tutto il Regno.
All'incontro su la metà di detto mese partì da Napoli nascostamente il Marchese Fogliani per la volta delle Spagne portando seco quattro grossi quadri dipinti, tutto lo stato miserabile in cui si ritrovava la città di Napoli.
Nella settimana Santa Sua Santità (5) inviò per orbem et urbem il S. Giubileo, acciocchè il Sig.re si placasse, ed avesse misericordia della Cristianità del presente flagello.
Nella settimana di passione venne a morte nella città di Napoli un Panettiero il quale non si volle affatto confessare, per quanti Padri Spirituali si fussero affaticati non fu possibile ridurlo, ed altro non diceva che per esso era morta la misericordia di Dio e con quest'ostinazione se ne morì, trovandoli sotto del capezzale una fede di credito di dodici mila ducati. Avendo esaminato gli garzoni più fidati deposero che nella corrente carestia di questi mesi passati aveva immischiato nella farina quantità di secatura di tavole, e marmo pistato finissimo, e negl'altri tempi soleva ponere dentro la farina del granodindia bianco, queste ed altre usure haveva commesso, per la qualcosa fu sotterrato nel Ponte della Maddalena come impenitente. Nella detta città di Napoli anche corre la mortalità della fame, siccome corre per tutto il Regno, assegno che le sepolture ecclesiastiche son anche piene, di tal maniera corre per lo stato Pontificio.
1) - Dalle basse ed umili abitazioni, in aprile stesso, s'insinuò la malattia nelle case della gente facoltosa e degli abitanti comodi e civili, - Sarcone p. 160.
2) - Torte con riso, grano o tagliatelle, che in Benevento si preparano di Pasqua in tutte le famiglie.
3) - Si fu in data del 25 giugno, e per compiere tali determinazioni il Re alla deputazione della Salute, di cui era presidente il ministro duca Perrelli, aggiunse il maggiore generale marchese Arezzo, il maggiore del reggimento nazionale di Bari D. Francesco Pignatelli, ed il presidente marchese Granito.
4) - Carlo III, il quale nel 1759 in morte di suo fratello Ferdinando VI era stato chiamato al trono di Spagna da quello di Napoli, ove aveva lasciato erede, sotto un consiglio di reggenza, il suo terzogenito di otto anni, Ferdinando IV.
5) - Clemente XIII Rezzonico di Venezia.
Maggio — Il sopradetto mese si è portato molto dolce, e placido, cioè con sole, e acquarelle in caldo adì 8, e l'altra a 18; altre giornate con nuvole, ma senz'acqua come furono a 4 a 15 a 20, 25 e 26, 29, questi furono tutti giorni nuvolosi gli altri bonissimi con sole (1).
Per i gran morti che si sono ritrovati per le campagne, e per quelli che sono morti in Città già son piene le sepolture, e quel ch'è peggio la puzza che sta nelle Chiese non si può soffrire, ed in particolare le sepolture del Piano dell'Arcivescovato son piene, e puzzano, che non vi si può praticare per detto piano stendendo la puzza anche per tutta la piazza (2). Onde, da questo Ill.mo e Rev.mo Capitolo Beneventano si è stimato formar una sepoltura in campagna ed in luoco più approposito, e con meno spesa, si è risoluto formarla passato il ponte Lebbroso nella via, che conduce alla Fontana ed antica Peschiera di Cischermini, (3) mentre ivi vi è una antichissima Chiesa tutta di mattoni, chiamata Gerusalemme (4), dentro vi erano moltissime figure dipinte tutte affresco incominciando dal Incarnàzione del Signore e terminava in un grosso .SS.mo Crocefisso, e perché detta chiesa era tutta dentro terra e per veder tutto ciò si doveva calare per le grade medesime di detta Chiesa, dentro vi si vedeva benissimo per i spiracoli che vi erano intorno a modo di piccoli fenestrini, questi furono tutti ben turati, con fabrica, come anche venne fabbricata la porta di detta Chiesa per dove si calava ed in mezzo della lamia di sopra di detta Chiesa vi formarono il coverchio di pietra, con chiave, la quale sta in poter di detto Capitolo acciocché non sortisse qualche danno per esser sepoltura in campagna, detta chiesa è lunga quaranta palmi, ed altre tanto larga, di altezza cioè dal piano fin alla lammia canne cinque, onde è venuta una sepoltura capacissima fin di nuovo benedetta, e postivi la Croce di legno dandoli il titolo di Camposanto.
Hanno stabelito ancora un Sacerdote ed un Clerico, dando al Sacerdote un tari, e cinque grana al Clerico, che porta la Croce ogni volta, che trasporta un cadavero in detto luoco, tal che se ne associasse cento il giorno, li sarebbero dati cento tari, agli Beccamorti quattro carlini ad ogni associazione, con l'obbligo di portare ogni sera le chiavi nella Chiesa arcivescovile, la detta spesa esce tutta dal Monte dei Tetti della Metropolitana Chiesa eretto dalla felice memoria di Orsini.
E perchè i morti son molti, che si numerano fin a 17 e diciotto giorno, perciò vien decretato da questo Vicario Generale, che il giorno si debbono condurre in detto luogo dove si è formato una baracca di legno con Croce e dentro si pongono i cadaveri, con una lampada accesa, e la sera, pur allor, che saranno fenito il trasporto di tutti i cadaveri, seppellirli tutti a siemo.
Oltre i cadaveri, che si ritrovono nelle Campagne vi si trasportono anche i Beneventani i quali si sotterrono nelle Parrocchie tenendo quest'ordine, con portarli in Chiesa dirgli la Messa sopra del cadavere, Libera ecc. ed a un'ora e mezza, in due di notte fanno il trasporto nel sopradetto Campo Santo, ed ivi li seppelliscano mentre le sepolture parrocchiale son piene tutte.
Dell'istesso modo fanno, anche in Napoli, anzi in detta Città per la moltitudine hanno formato delle carrette coverte con coltra negra e due lanternoni accesi, ed un Clerico che conduce detta carretta ed in passo in passo intona una strofetta del Miserere, il qual carro dà molto spavento, a chi lo osserva. Per ora hanno formato 18 campi santi ma non son sufficienti, e ne stanno formando vent'altri, oltre a 12 altri antichi della Peste, che si sono ritrovati, che in tutto fin ora sono cinquanta.
Così anco si sono formati i Campi Santi per tutte le Città e terre del Regno, per la mortalità che corre (5).
Le notizie della Città di Napoli son cattive, mentre come si disse venne molto grano ma il detto oltre della negrezza è amaro e puzzolente (6) ed in mediatamente che vien mangiato, come entrasse il veleno in corpo in un subbito cascano morti a terra senza segno di confessione (7) per la qualcosa, i Campi Santi che si sono fatti non sono sufficienti, onde hanno determinato formarsi un altro centinaio.
1) - “In maggio (la malattia) divenne comune. I luoghi più eminenti e più ventilati appena ne restavano immuni, e fu eguale la sorte del ricco e del povero, del plebeo e del popolare>.
« In giugno o luglio divenne epidemica a segno, che non furono rispettati talora neppure glí abitanti dell'ordine supremo” - Sarcone p. 160.
2) - “Niuna massima è stabilmente vera in medicina: e ciò, che par vero e necessario in molte circostanze, si è veduto che qualche volta non è pin tale. Nella peste di Lione del 1628 i luoghi pieni d'immondizie erano i luoghi di sicurezza” - Senac. Traitè de la peste p. 28.
“Nella pestilenza ricorsa in Londra sotto il regno di Carlo II, í medici consigliarono di far aprire tutte le sepolture della città: il tetro odore che quindi spirava divenne medicina, onde restò vinto ed inviluppato il materiale della peste” • Suite des mém. de math. de l' Ac. royal des Sc. 1751. p. 207.
3) - Cischermini proviene da circa eremum, quale appunto addivenne S. Maria in Gerusalemme.
4) - Ecco l'antica Cattedrale, che era intitolata a S. Maria in Gerusalemme, e che ora giustamente accoglie le salme degli arcivescovi beneventani. Non ne farà meraviglia la posizione se si considera che nello scavare il tracciato della ferrovia per Cancello furon trovati ruderi di abitazioni antiche e persino di iscrizioni lapidarie di pubblici edifici. Non era doveroso deviare il tracciato e rimanere dissepolti què ruderi ? Persino le lapidi furono calcinate!
5) - L'esempio di Benevento fu seguito in Napoli — Di fatti tra i provvedimenti presi nel 29 giugno 1764 dalla Deputazione Sanitaria, vi fu quella... «di proibire a qualunque Chiesa e Religione il ricevere cadaveri: e di far aprire a tale effetto, e stabilire nelle due estremità della capitale, in ragionevole distanza dall'abitato, due pubblici ridotti, volgarmente detti Campi Santi, ove di fatti furono fedelmente trasportati in progresso i cadaveri ». Sarcone, pag. 170.
6) - Tra soccorsi pervenuti, non sa capirsi per quale sventura, ci pervenne copiosa farina bianchissima all'aspetto, e chiusa vigorosamente in picciole botti: questa esaminata con ogni onesta prudenza dà sign. Serao, Cinque, de Rubertis, e Visoni in molte botti si ritrovò sensibilmente amara, imputridita ed espressamente non sana ». Sarccone p. 142 seg. della n. 2.
7) - « Il pane, che si apparecchia col grano guasto o alterato dalla fraude, è piuttosto un veleno, che un nutrimento , Senac. Traité de la Peste par. 1 pag. 59.
II Re cattolico avendo inteso lo stato miserabile della Città, e Regno di Napoli molto si é ramaricato. Perciò ha promesso che fra breve invierà il soccorso, e con ciò disse ancora che egli si aveva supposto lasciar il Rè suo figlio in mano di Cavalieri, e non già in poter de mercadanti, che senza considerazione vendon la tratta del grano, fan perire un Regno intero, come anche poneno in rischio la vita del Re. Ed a tal fine ha inviato un Dispaccio che la reggenza non s'impicciasse più per il Governo del Regno dando la carica al Generale dell'Armi Navale, essendo questo un Cavalier di sommo giudizio e di esatto governo (1).
Perché il Governatore privò l'entrata ai poveri del Regno, questi il giorno chiedono l'elemosina alle porte della Città, e la notte vanno dormendo per le campagne, e perchè vi sono le donne di buon aspetto, molte di queste sono state sollecitate da alcuni scapestrati, ed anime senza Dio, ed avendone fatto ricorso al Governatore, il quale gli è parso espediente, con comun parere di questo Arcivescovo ponerle in salvo, quanto più si ritrovono morti per la fame tanti poveri per le campagne,e perciò sui principii di questo corrente mese presero in affitto quattro taverne fuori porta Rufina ed ivi vi posero tutti i Poveri del Regno con la presente distribuzione; la taverna del sig. Marchese Perrotti e quella dei Signori Mai vi fossero uomini e ragazzi. Nella taverna del barone Alfieri, o quella del Sig. Marchese Pedicini donne e ragazze, ed acciò non fussero andati più mendicando i detti Superiori gli assegnarono mezzo rotolo di pane ed un piatto di minestra per ciascheduno, tanto grandi quanto piccoli; ogni giorno poi vanno quasi tutti gli Ecclesiastici, tanto Regolari, quanto Secolari per ordine di Mons. Arcivescovo a predicare a detti poveri, come anche si sono eretti molti confessionili perchè dei detti poveri si avessero voluto confessare, ogni mattina si dicono quattro Messe nella Chiesa della M.^ della Libera (2) anche per comodo delli detti poveri. Quest'opera è stata molto lodata dal Reggio Menistero: e da tutti gli Signori del Regno, tal che corrono a schiere a schiere i poveri per ponersi nel serraglio beneventano perchè così vien chiamato detto Luoco.
Oltre la pietà de Superiori sovvengono anche quei dei Civili, Nobili e Religiosi, che a larga mano portano Carne, oglio, pane, alcuni denari per le minestre, formaggi, come anche vengono serviti ogni giorno alla tavola da i detti Signori, e con l'assistenza anche de Superiori. I detti poveri sono al numero di cinquemila e trecentoquarantadue, talchè nelle dette taverne vi è un puzzo intollerabile, e pure non vi si ci entra da persona alcuna Beneventana, ed il mangiare s'opra tutta alla campagna scoverta, avendo situate le tavole nella strada che conduce incominciando dal seggio della Madonna della Libra, e tira fin alla Pietra Mazzocatore, questa sale alla SS. Annunziata.
Per la detta puzza, o per l'aria, o che i corpi son guasti per l'erbe mangiate, in detto serraglio vi si è smosso una gran mortalità, che non passa giorno, che non muoiano almeno venti, talchè le confraternite Beneventane si sono mosse a far quést'opera di misericordia di associarle, ed acciò si fusse andato con ordine si è stabilito a modo di addomada, cioè ogni giorno incominciando dalla mattina, fin alla sera ad una Congregazione, e così una dopo l'altra ogni giorno, queste vanno tutte a gara chi meglio può con pompa, che oltre i Sacerdoti chi più e chi meno, portono intorno alla bara quattro torce, e quattro stuppini accese, e perchè son molti i morti per non andare e venire tante volte sogliono portare due per cataletto, come anche in un viaggio portare tre e quattro bare tutte in un tempo.
Lo ospidale de Buon Fratelli (3) è pieno di detti poveri ammalati, e quei che muorono sono anche portati nelle Congregazioni come si è detto ad atterrarsi nel Campo Santo fuori il Ponte Leproso, mentre il Camposanto dello stesso Spedale è pieno che non vi capono più morti.
Le donne son portate nello Spedale dei Pellegrini (4), ed ivi son curate con l'assistenza di sei donne; ma perchè gli ammalati sono moltissimi, che non capano affatto nei predetti Ospedali, per tal causa si vedono buttati per fuori porta Rufina, che è una pietà, ed imparticolare allorché esce il S. S. Viatico per comunicarli, andando il Signore per sotto o per dietro le sopale (5) per dove sono detti infermi, che reca molto terrore, ed insieme a compassione muove anche a pietà in veder tanti Ecclesiastici con ombrelli per ripararsi da i raggi del sole, a chi confessare e a chi raccomandarli l'anima, si nota anche la pietà del Padre Consales dell'Ordine de Crocellisti, il quale con somma carità gli va visitando, ed a chi ne ha bisogno gli da l'Assoluzione del SS. Crocefisso: stando questi nella campagna non mancano per tanto i Medici mattina e giorno far a questi le visite come anche spedirgli degli medicamenti opportuni, e tutto ciò vien soddisfatto dall'Arcivescovo.
Sono incominciate ad uscire le ciregge con le favolate quale vanno a due grane il rotolo. I poveri per le campagne non vi hanno lasciato Ficocelli, ne Agli che è una empietà.
Per grazia del Signore in questi penultimi giorni del corrente mese il Rè Cattolico ha inviato il soccorso (6)...
1) - Giuseppe Acton, irlandese di origine, che divenne poscia primo ministro, con l'appoggio di Carolina d'Austria, consorte di re Ferd¬nando IV.
2) - Il titolo della Libera ricorda per tradizione l'apparizione di Maria SS. a S. Barbato, allorchè sulle mura. nel mostrare al duca Romualdo le schiere greche assedianti Benevento, lo entusiasmava ad avere fiducia nella Madonna liberatrice.
3) - Cioè quello di. S. Diodato, che allora era diretto appunto dai Fatebenefratelli, i quali passarono poi a dirigere quello del Cuore di Gesù eretto da P. Pietro de Giovanni con danaro proprio, e di benefattori beneventani.
4) - L'Ospedale dei Pellegrini era a Piazza Orsini, e, caduto, ne furono le rendite unite a quello di S. Diodato.
5) - ...Videsi renduta in agosto la pace agli animi smarriti per l'aspetto di tanta e così durevole miseria, con essersi moltissimo estenuata quella melattia, che, nata in aprile, videsi refratta in agosto, quasi dileguata in settembre, e del tutto vinta nè principii di ottobre del 1784. Sarcone p. 175.
6) - “E così terminó la penuria colla nuova raccolta, oltre che maturò quasi un mese prima del solito, fu anche abbondantissima, talchè il prezzo del grano non passava li carlini 12; dal che si rileva l'infinita potenza, giustizia e misericordia di Dio» Dal giornale di casa del dott. Luffreda.
Il manoscritto non va oltre. Abbiamo però rinvenuta a stampa, in venti pagine, copia della relazione del « Ringraziamento pubblico e solenne a Maria Vergine potente e misericordiosa per la grazia impetrata da Dio nel corrente anno MDCCLXIV alla pontificia città di Benevento d'essere immune dal flagello della fame .,. (1)
Apprendiamo da essa che tale ringraziamento, deliberato nel pubblico Consiglio Comunale del 17 maggio di quello stesso anno, fu tributato alla protettrice Maria SS. delle Grazie nella chiesa di S. Lorenzo il due luglio seguente, e si conchiuse tre giorni dopo con pubblico attestato di benemerenza al governatore d'allora Mons. Stefano Borgia.
1) - Fu pubblicata in Napoli dalla Stamperia di Francesco Morelli.
Nella festività delle Grazie fu oratore il padre Gian Pietro Rollerio delle Scuole Pie Lettore di teologia morale nel Seminario Beneventano.
Egli nella sua orazione così descrisse il quadro dè trascorsi affanni:
« ...uscita di fatti la miseria a bersagliare colla penuria, colla languidezza, col duolo la più bella parte di nostra Italia, si videro le povere genti meschine, quasi fossero assalite dalle insolenti armi nemiche, porsi in timori ed in fughe, uscire a folte squadre dalle di loro abitazioni, ricolme già di orrore, di spavento, e di morte; girne raminghe sulla faccia della terra cattando famelighe di porta in porta alcun frustro di pane, comparir tra viventi non più in sembianza di uomini, ma di larve; girare intanto da per tutto con rapidissime penne la falce di Zaccaria il Profeta, facendo per ogni contorno una general mietitura delle povere vite. Ahi quanti infelici dopo il breve corso di pochi mesi, non potendo più resistere al duro affanno, che li opprimea, si restarono estinti ed esanimi per le Contrade. Quanti nauseando una vita, che tanto gli accresceva ogni momento di pena, accusarono di crudele e di neghittosa la morte. E quanti infine a guisa di quegl'infermi quali rese frenetici un grave morbo febrile, disperati di poter più vivere, inquietarono con voti il Cielo, e con rimproveri la natura...
La vostra Città intanto, o Signori, in mezzo ad una si lunga e sì generale premura videsi cavata felicemente di gola al destino, e come fosse ella segnata col sangue dell'agnello per isfuggire i castighi dell'Angelo sterminatore; come fosse il popolo di Benevento il popolo di Dio contrassegnato col felice carattere dell'immunità dalle piaghe di Faraone; come avesse avuto comandamento la Fame di non confondere nella comune desolazione questa Patria felice, udì sì da lontano lo strepito ed il rumor della penuria, ma non provonne gli effetti; intese le miserie de' suoi convicini, ma non le ebbe con essi divise; senti sì alle porte tumultuante il nemico, ma non si dolse di rimirarlo introdotto nelle sue mura. Anzi quasi fosse Benevento l'Egitto, e quivi presiedesse al governo il famoso Giuseppe figliuol di Giacobbe, savio interprete dé misteri e previsor del futuro; quasi i vostri fiumi recassero alle straniere Nazioni l'avviso della vostra felice abbondanza; qua si conferirono le genti a procacciarsi il quotidiano, ristoro, quà vennero i meschini a cercar sollievo alla vita, quà in fine si rifugiarono in gran numero i popoli a salvarsi dal furor della morte sotto l'ombra della vostra pietà e munificenza.
Che dolorosa compassione osservare per ogni dove chiuse indifferentemente ad ogni sorta di uomini le porte delle Città: che dolce piacere quindi il rimirarle quà a tutti aperte, e chiuse soltanto a coloro, che, colla compera inopportuna dé nostri viveri, volevan spogliar noi per aggrandire la loro avarizia. Che orrore mirare distribuito a misura in ogni luogo il pane destinato al comune rifocillamento: che giubilo poi il vederlo qui illimitato e senza riserba a commune vantaggio dè cittadini. Che crudele spettacolo, osservar da per tutto praticarsi omicidii, violenze, e tumulti per ottenere alcun poco di pane: che bella ventura il veder qui dato bando alle violenze, ai strapazzi, ai pericoli, aprirsi un largo campo ad ogni uno di comperare a sua voglia quanto di sussidio richiedea o la naturale indigenza, o quella delle intiere famiglie. Che affanno finalmente il mirare in ogni parte i vecchi, i giovani, le donne, i fanciulli dimandar pane, e non esservi chi pietoso potesse loro donarlo: che contentezza al contrario il vedere qui pronto in ogni ora, in ogni tempo, per ogni persona, per ogni età il necessario sovvenimento, e non esservi chi loro contrariasse l'averlo, o potesse impunemente negarglielo.
Augustissima Imperatrice e Regina del Cielo, Maria, di quanto vi siamo noi mai debitori.
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Nel pubblico attestato di benemerenza al governatore pontificio Mons. Borgia gli si dedicò, stampandola, l'orazione suddetta; e nella dedicatoria se ne rammentò tutto lo zelo adoperato per tener lungi da Benevento la fame, tutta la carità prodigata a cittadini e forestieri nell'orribile periodo del bisogno. Dichiarando in essa vana ogni meraviglia, se, mosse da una generale grata cospirazione, tutti l'avevano acclamato per Padre e Salute dopo Dio, la si fè seguire da copia della marmorea iscrizione, che la mattina del 20 giugno era stata murata nella facciata del pubblico Palazzo.
Questa, traslocata nell'interno del cortile né restauri del Palazzo, compiuti nel 1895, stà ivi ancora ad attestare:
Stephano Borgiae — Patricio — Veliterno Firmano Romano Beneventano — Equiti Hierosolymitano V. S. R. Proton: Apost. — Pontificio Beneventani Ducatus Rectori —Qui — Delegati Apostolici Munere Auctus — In Maxima Rei Frumentariae Inopia — Ita Annonam Defendit Fortiter — Sapienterq. Distribuit — Vt Famem Italia Fere Omni Grassantem — Vicinis Civitatibus Lenierit — Benevento Depulerit — Servatori Urbis — S. P. Q. B. — In Perpetuum Gratiarum Monumentum — Anno MDCCLXIIII — Cos: Antonio Rotundo — Carolo Sellarolo-Ventimiglia — Iosepho Pacca — Nicolao Capitanio Caesare Perillo — Bartholomaeo Iannasso — Didaco Trabucco Syndico — Thoma Bruno a Secretis.
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Benevento fu altre volte ma prima e non dopo del 1764 afflitta dallo stesso flagello (1). Ne ricordiamo alcune, servendoci delle notizie da noi attinte specialmente da quella attendibilissima fonte storica, che si racchiude nelle legature o nelle bianche pagine di vecchi libri, ivi manoscritte da testimoni del tempo.
— « ...de dicto anno 1450 de mense Maii fuit pestis ita crudelis quod tota civitas Beneventana ad maximum devenit mortis periculum, et maxima pars civium timore perterriti hinc inde fugiendo et demos relinquendo ad diversa loca et castra adiit...»
— In quisto anno 1527 Napole fuie tucta travalliata de orribile pesta et anco Benevento ne patio granne mortalità.
-- La carestia de Napoli si è sentuto anco in Benevento per tutto l'anno 1621, ma non quale l'anno 1607.
-- “Nell'anno 1649 fu la rivoltione de Napoli fra la nobiltà et il Popolo e fu sentita per tutto il Regnio per spatio di un anno con granne mortalità si del popolo come anco di nobiltà, e fatta la pace fra il popolo e nobiltà venne una granne carestia di grano che fu valutato sino a ventiquattro scudi la soma del grano».
— «Nell'anno 1656 fu lu morbo contagioso chiamata peste che parte con febre et altri con ampolle e chi con posteme chiamate boboni se morirono dentro la cità di Benevento più di 14 mila anime infra luglio et agosto.»
— «Lo anno 1672 di p. di 7bre passò a miglior vita Lodovico Arbona da Milano nobilissimo vice Gubernatore di Ben.to, huomo di raro guberno et in particolare che essendo in questo anno una penuria di grano generale per tutto, lui con la prudenza mantenì lo popolo cossi di Benevento come nel suo distretto con una pace granne; fu sepolto nella chiesa di Santa Sofia con uno gran apparato funebre et di lumi.»
— « Nel 1691 fu la Peste in Conversano e molte terre convicine ne sentirono il danno. Tutte le città del Regno sé guardarono bene ed in particolare Benevento, dove nessuno si faceva entrare anche con la fede della sanità. Poi... venne il soprad.° Arcivescovo (Orsini) e v'introdusse il commercio con le fedi della sanità perché in tutto il Regno si praticava così”.
— «La Congregazione del Buon Governo di Roma il 31 agosto del 1754, attesa la scarsissima raccolta di grano, autorizza il Comune di Benevento a prelevare duemila ducati per l'incetto delle granaglie necessarie ai bisogni del popolo».
1) - Bisogna infatti giungere al 1837, in cui Benevento fu la prima volta decimata dal colera.
A. DE RIENZO