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Vita religiosa ad Altavilla attraverso i manoscritti delle confraternite (1)

( di Raffaele Sarti )

  

E’ possibile illustrare la storia di un centro come Altavilla in vari modi : soltanto attraverso l’esposizione ragionata di una specificità connessa a particolari condizioni economiche e di vita materiale oppure, come ritengo più utile, mettendo in luce anche i momenti in cui si articolava, nel passato, la vita di relazione.

Per uno sviluppo così concepito di “ illustrare “ la storia, le vicende delle confraternite offrono ovviamente un vasto campo di interesse al quale però, molto spesso, non corrisponde la dovuta attenzione da parte degli studiosi titolati.

E’ poi evidente che in questa visione della storia socio-religiosa, l’importanza degli archivi parrocchiali è fondamentale per la migliore comprensione dell’assetto interno della parrocchia e del ruolo che essa ha esercitato anche nell’ambito della realtà socio-economica del Mezzogiorno.

In Altavilla queste fonti purtroppo sono avare e non offrono, almeno al presente stato degli studi, la possibilità di elaborare un tracciato unitario in cui tutte le esigenze della critica storica siano soddisfatte. Ne consegue che ad oggi è mancato un lavoro sistematico sugli aspetti della vita religiosa ad Altavilla e non è certamente possibile né opportuno porsi in questo breve lavoro l’ambizioso obiettivo di ricostruire un quadro dettagliato delle vicende del paese; cosa per la quale sarebbe necessaria una ben più attenta consultazione delle fonti, sia negli Archivi di Stato, sia in quello della Diocesi di Benevento.

Fatta questa premessa non è tuttavia azzardato affermare che la mia ricerca è stata fortunata e fruttuosa perché ha consentito di individuare del materiale documentario di grande interesse, nello specifico si tratta di un certo numero di pergamene e manoscritti riguardanti la Chiesa della Ss.ma Annunziata, custoditi presso l’Archivio di Stato di Avellino dove, tempo addietro, questo prezioso materiale fu consegnato dalla famiglia di Michele Severini, l’autore della monografia storica di Altavilla.

Insieme a queste fonti vi è poi un discreto numero di manoscritti e protocolli notarili custoditi da privati ma che ho potuto visionare per conoscere e approfondire fatti e vicende della storia passata di Altavilla .

E al riguardo non commetto errore se affermo che, nel prossimo futuro, questo materiale documentale sarà oggetto di donazione alla Biblioteca Caruso la quale, fra l’altro, già custodisce un importante fondo d’archivio donato dal suo fondatore, Dott. Angelo Caruso insieme ad altro recuperato dal sottoscritto e dall’amico Giuseppe Sabatino.

 

1 - Una mia breve ricerca sulla vita religiosa ad Altavilla fu pubblicata anni addietro in un volume edito dalla ESI ( Vedi Sarti, Raffaele, I registri delle confraternite di Altavilla, In : Di Leo, Adriana, Il recupero del patrimonio storico nel mezzogiorno : Altavilla Itpina, Napoli, ESI, 1993, pg.81/90 ). Si trattò del testo da me presentato nel convegno svoltosi ad Altavilla il 22 maggio 1991 sul recupero del patrimonio storico e così pubblicato, senza note e citazioni bibliografiche.

Profitto, oggi, per completare e soprattutto aggiungere le note e i riferimenti archivistici a questa mia breve ricerca storica.

 

Naturalmente sarà mera presunzione il credere di poter delineare solo in una sequenza di documenti gli aspetti più significativi della vita socio-religiosa in Altavilla i quali, fra l’altro, non sono nemmeno di immediata comprensione se non per quanti già possiedono una precisa conoscenza e cultura storica delle vicende locali.

E’ pero altresì certo che il documento, pur nella sua arida individualità, non può non considerarsi punto di partenza o di arrivo, necessario ed insostituibile.

Fatta questa premessa, penso sia utile quantomeno accennare a quelli che possiamo definire i “ primi segni di vita “ religiosa ad Altavilla.

Il documento più antico che attesta l’esistenza di un castrum, e quindi di un centro abitato, più o meno fortificato, con una sua vitalità associativa, è quello relativo ad una cronaca del XII secolo, riportata da Falcone Beneventano ed Alessandro Telesino i quali raccontano le vicende della guerra intercorsa tra re Ruggiero II il normanno ed alcuni feudatari.

Come e quando sia avvenuta la trasformazione di queste lande deserte in plaghe più o meno abitate e come le popolazioni siano state raccolte e ricomposte nella villa o nel castrum ad oggi è ancora abbastanza oscuro.

Un’ipotesi interpretativa ci può essere comunque data dalla lettura di una pergamena del 1183, custodita presso la Biblioteca Capitolare di Benevento, dove vi sono chiari riferimenti a terreni di proprietà del monastero di San Modesto. (2)

Trattandosi di “ antichissimi possedimenti “, come si legge nel testo di questa pergamena, non è azzardato pensare che anteriormente al secolo XII vi fosse in loco una qualche presenza monastica intorno alla quale le popolazioni si siano man mano radunate, forse per ragioni di sicurezza o altro, oppure abbiano lavorato le terre circostanti, iniziando così a godere delle pertinentiae, cioè dei boschi e dei pascoli per l’esercizio degli usi civici essenziali. Il pagamento della decima prediale e personale (3) che ancora nel 1512 la comunità di Altavilla era obbligata a corrispondere al Collegio dei canonici dell’Assunta potrebbe in questa ottica trovare una sua logica interpretazione e spiegazione. (4)

Il popolamento della contrada, la messa a coltura delle terre e sicuramente la costruzione di opere di difesa, potrebbero aver costituito le basi sulle quali, in seguito, sarebbe poi sorto il castrum che troviamo menzionato nelle fonti del secolo XII il quale, con ogni probabilità, avrà determinato la migrazione dell’abitato esterno verso il suo interno.

 

2 - Biblioteca Capitolare di Benevento, Archivio di S. Modesto, Vol 20, pergamena nr. 18. Su quest’ultimo documento, vedi anche: Angelo Caruso, Altacauda normanna e l’odierna Altavilla Irpina, Ricerche e documenti, In Miscellanea storica altavillese. Centro Studi “E.Mattei”, Napoli, 1984.

3 - La decima prediale si pagava sui prodotti della terra, quella personale invece gravava sui prodotti dell’attività umana e lavorativa.

4 - Archivio di Stato di Avellino, protocollo del notaio Ottavio Severini. Anno 1579, busta 7718 (1A).

 

Il totale abbandono delle pievi rurali e - prima fra tutte - quella di San Martino di Tora, il cui abitato scompare nelle cronache del secolo seguente, potrebbe essere letto proprio in questa ottica come segno di crescita del fenomeno di incastellamento .

Ma a parte queste ipotesi più o meno verosimili, di fatto in questa pergamena del 1183 non sono contenute soltanto informazioni riguardanti gli antichi possedimenti che il monastero di San Modesto di Benevento aveva nell’antica Altacauda ma vi sono anche riferimenti precisi riguardo alla presenza in loco della Chiesa di Santa Maria.

Ora, che questa si possa far coincidere ad un primo impianto della nostra Collegiata o ad altra Chiesa, ogni possibile ipotesi è quantomeno verosimile. Certo è che nella prima metà del secolo XIII, così come ci conferma un’altra pergamena datata 1223, compare per la prima volta un “arciprete di Altavilla”, segno inconfondibile che si è ormai ben delineata in loco l’evoluzione della struttura ecclesiastica. Nel regesto di questa pergamena si legge testualmente : (5)

1223 (1222), maggio. Indizione XI

Giacomo Francisio, Notaio Imperiale.   Formoso, giudice di Altavilla.

A richiesta di D. Giovanni, arciprete di Altavilla, procuratore del monastero di M.V. (Montevergine) si riporta una sentenza contro Nicola Salerno il quale ingiustamente deteneva un territorio del monastero, sito nel sobborgo di San Martino di Tora e ora, in forza di tale sentenza, il monastero ne viene posto in possesso

Da questa data e fino alla seconda metà del ‘400 mancano purtroppo altre informazioni sull’evoluzione della nostra Chiesa e soprattutto sul rapporto che la legava alla comunità altavillese; informazioni indispensabili per avanzare ipotesi interpretative su fatti e vicende che hanno segnato la vita del paese.

Ma un documento del 1579, nel quale vi sono riferimenti a “ capitoli e convenzioni più antichi “ stipulati tra il Clero della Collegiata e l’Università di Altavilla, ci fornisce finalmente notizie più dettagliate ed utili al nostro lavoro di ricerca.

Il testo del documento riguarda una transazione nella quale, fra l’altro, l’Universitas di Altavilla compare anche in rappresentanza della Chiesa ed Ospedale dell’Annunziata.

L’oggetto della lite è il pagamento della decima sia prediale che personale, la cui riscossione era sempre generalmente difficile. Nello specifico, in sostituzione del pagamento della decima da parte dei cittadini, i quali vengono lasciati liberi di corrisponderla a loro arbitrio, l’Universitas si obbliga nei riguardi del clero “a convertire in suo favore la somma di ducati 100…da servire per l’ acquisto di beni stabili ….” e ciò “…..in ricompensa e remunerazione dei servizi prestati…..

In pratica, come avviene in molti paesi del Mezzogiorno nel primo ‘500 così anche l’Universitas di Altavilla, nel darsi una normativa per regolare la vita amministrativa e la convivenza civile ( vedi gli statuti, dello stesso periodo) si da anche una sua organizzazione sul piano religioso.

 

5 - Mongelli Giovanni (P.re), Regesto delle pergamene,Roma, 1957, vol.VII.

 

Fatto ricorrente che coincide con gli aspetti pratici voluti dalla Riforma Cattolica e dal Concilio di Trento dal quale prende avvio una nuova forma di organizzazione della struttura ecclesiastica le cui preoccupazioni istituzionali, amministrative e giuridiche cederanno il passo - soprattutto nel secolo successivo- ad esigenze più propriamente religiose.

E sulla organizzazione di questa nuova struttura vi sono in questo documento del 1579 anche riferimenti precisi all’Ospedale, annesso alla Chiesa dell’Annunziata.

Tralasciando di riferire sui singoli capitoli e convenzioni stipulati tra le parti, accordi e intese dettati da situazioni contingenti e da interessi più o meno velati, appare comunque evidente in questa fonte d’archivio che in Altavilla si svolgesse “ un’intensa vita caritativa da parte di un popolo costituito da umili fedeli che nella esplicazione delle opere di misericordia testimoniavano la loro fede con il dono della propria attività e delle proprie sostanze, iniziando soprattutto in se stessi la riforma della Chiesa “. (6)

Situazione ben diversa da quella vissuta dai membri ufficiali della Curia romana i quali avallarono invece, più o meno coscientemente, una mondanità ed una rilassatezza dei costumi quanto meno deprecabile.

E’ da questa “ riforma “ delle coscienze che, anche in Altavilla, specchio e microcosmo di una situazione molto più generale “ prendono avvio e vita alcune associazioni laiche, le confraternite, dove l’elemento religioso salutarmene efficace prevarrà sui molti elementi negativi del tempo, preparando così generazioni nuove moralmente più salde e coscienti “. (7)

In ambito religioso queste associazioni costituirono una delle manifestazioni più diffuse attraverso le quali molti laici si consacrarono a un certo fervore mistico, individuando in esse il mezzo più immediato per stabilire e rendere più efficaci certi vincoli di solidarietà.

Elementi e motivi di aggregazione derivavano anche da un atteggiamento di terrore da parte della Chiesa la quale proponeva e diffondeva la credenza di un Dio iracondo cui erano imputabili tutte le grazie ricevute ma, al tempo stesso, anche tutte le disgrazie. Da qui una Chiesa che predicava la credenza di minacce e di sprofondamenti negli inferi o di promesse e di compensi ultraterreni.

Una cultura fatta di paure la quale ebbe così grande diffusione e proporzioni che il Concilio lateranense V (1512) fu costretto ad occuparsene tentando, ma con scarsi risultati, di porre un argine.

In particolare, si cercò in ogni modo di ridimensionare la predicazione apocalittica, l’annunzio dell’anticristo, del giorno dell’ultimo giudizio e di vicine sciagure provocate dall’ira di Dio.

Una testimonianza in loco di questa cultura dilagante, ancora diffusa nei secoli successivi, ci viene offerta da un’ importante fonte d’archivio, si tratta nello specifico di un invito del Cardinale Orsini rivolto alla comunità dei fedeli di Altavilla perché si tenga lontana dal peccato e da certe credenze che generano lutti e castighi.

 

6 - Volpe,Francesco, Confraternite e vita socio religiosa nel Settecento, Salerno 1988.

7 - Ibidem .

 

Nel documento si legge: (8)

A’ 10 gennaio 1691,

……non è il terzo anno compiuto da che la divina giustizia, irritata dai nostri peccati, abbatté col terremoto la nostra città ( Benevento ) et appena comincia questa ad allocar il capo dalle ruine che sente minacciato il flagello della pestilenza. A chi castigato una volta non si ammenda sovrasta il secondo castigo e, se questo non giova, al secondo si aggiunge il terzo ed anche più oltre stende il braccio l’ira di Dio……

Non vi fidate delle custodie messe alle porte né alle case munite, se non è il Signore a custodire le vostre case siete in errore a volerle vigilare diversamente……..Perché tanto male, da cui non vi ha riparo, non ci prema, teniamo via la radice che è il peccato……..perché da qualche gran peccato è sempre venuta la pestilenza……

Dal testo appena riportato si evidenzia dunque questa cultura dilagante la quale influenzò generazioni di uomini e donne che vissero nella credenza che al peccato fosse intimamente connesso il castigo terreno. L’ignoranza di una civiltà eminentemente rurale e contadina tradusse, poi, l’innato bisogno di religiosità in manifestazioni collettive fortemente connotate da elementi emotivi e folcloristici come flagellazioni pubbliche e processioni, ancora oggi presenti nelle manifestazioni devozionali dei battenti di San Pellegrino dove il senso della coreografia spesso soverchia quello religioso.

E’ in questo contesto che si inseriscono le vicende delle confraternite altavillesi le quali conobbero tempi di grande decadenza e di degenerazione mondana ma anche di inaspettate riprese.

Nate con denominazioni che rivelavano l’ispirazione devota, ad esse si deve anche una produzione artistica che si espresse nella decorazione dei loro altari e delle loro cappelle. La tavola della fine del ‘500 appartenente alla Confraternita del SS.mo Corpo di Cristo, raffigurante la “ schiodazione del Signore “ e attribuita a Donato Bruno, pittore e scultore altavillese, ne è un tipico esempio.

In moltissime fonti d’archivio non mancano poi continui riferimenti a questa produzione artistica, spesso dettagliatamente descritta in occasione di sopralluoghi o nella redazione di inventari, soprattutto degli altari.

Tralasciando di riferire sui singoli capitoli e statuti o sugli atti di fondazione nei quali vi sono elementi comuni tra le varie confraternite come il convertire i peccatori o le sollecitazioni alla pratica dei sacramenti oppure gli inviti alla preghiera o alle meditazioni, è utile a questo punto tentare di tracciare una breve storia di queste associazioni cercando tuttavia di non trascurare quei momenti in cui, ad Altavilla, si è articolata in passato la vita di relazione. (9)

 

8 - La raccolta di comunicazioni e lettere inviate in paese dalla Curia beneventana fa parte dell’archivio di Michele Severini, autore della “Monografia storica”, la cui consultazione mi è stata concessa dall’amico Giuseppe Sabatino. A questo amico va la mia gratitudine anche per la sua decisione di voler - nel prossimo futuro - donare alla Biblioteca Caruso questo importante fondo cartaceo.

9 - Nel prossimo futuro è mia intenzione pubblicare una ricerca, iniziata molti anni fa, riguardante la vita religiosa ad Altavilla nella quale, ovviamente, la storia delle confraternite rappresenta parte magna dell’ indagine storica.

Confraternita del Ss.mo Rosario (10)

Il culto per la Madonna del Rosario fu diffuso intorno alla metà del ‘500 dall’ordine dei dominicani e l’espansione maggiore trasse la sua origine dalla vittoria della flotta cristiana sopra i turchi, presso Lepanto nell’anno 1571.

Pio V ascrisse infatti la vittoria sugli infedeli grazie proprio all’intervento della Madonna, invocata non solo a Roma ma in tutto il mondo cristiano per mezzo del Rosario.

Nell’atto di fondazione della nostra confraternita, ufficialmente avvenuta in data 20 giugno 1694, ma di fatto attiva sin dalla metà del ‘500, è menzionato per l’appunto questo “….evento miracoloso”.

Il ricorrere al soccorso divino per la buona riuscita di una guerra, era infatti prassi abbastanza diffusa nella cultura dell’epoca ed anche dalla curia beneventana, molto spesso, giungevano ad Altavilla esortazioni in tal senso, soprattutto in occasione di guerre sante come le crociate.

Nel documento appena citato del 1694, si legge :

   A’ 3 ottobre 1686………

avendo la divina misericordia moltiplicato le sue benedizioni all’arme cristiane con che è riuscito il glorioso acquisto di Buda (11) si esorta a tutti di questa diocesi di Benevento a volere confessarsi et fare penitenza di loro errori commessi et a tenersi lontani da ogni peccato…….per potere meritare dalla onnipotente mano la continuazione di questi successi ( militari !!! )……..” 

Si tratta in pratica di un invito alla preghiera al fine di ottenere successi militari, cosa non molto diversa rispetto alla gihad dei fondamentalisti islamici la quale, ancora oggi, invita alla guerra santa contro gli infedeli.

Intanto stabiliamo che ad Altavilla, la cappella dedicata alla Madonna del Rosario esisteva già nel 1570. Da un registro dell’ “archivio seu scritture della cappella seu confraternita del Ss.mo Rosario”, compilato nel 1703 dal notaio Domenico Giordano, risulta infatti che l’arciprete della Terra di Altavilla, certo Massenzio di Leo, in data 10 giugno 1570 fa istanza all’Arcivescovo di Benevento……. perché si degnasse concedere licenza di erigere la nuova cappella del Ss.mo Rosario nel luogo dov’era la cappella della famiglia delli Gigli situata dentro la sua Chiesa arcipretale di Altavilla stante quella si teneva maltrattata da detti de Giglio…..

 

10 - I documenti ed i manoscritti riguardanti questa confraternita mi sono stati concessi per la consultazione dalla Prof.ssa Antonetta Tartaglia che li custodisce scrupolosamente per essere stato il genitore, Sig. Raffaele Tartaglia, Priore dell’ associazione.

11 - Buda sta per Budapest, capitale dell’Ungheria che rimase sotto il dominio turco dal 1526 fino al 1686, anno in cui venne liberata. Buda è quella porzione della città posta in collina, sul lato occidentale del Danubio che fu poi unita - nel 1873 - alla città di Pest, situata sulla riva opposta dello stesso fiume. E’ dalla unione di questi due agglomerati urbani che nasce l’attuale capitale Budapest.

 

Alla richiesta dell’arciprete, il vescovo concede la sua approvazione in data 17 giugno 1570. In Roma, poi, il 15 febbraio 1579 Fra Sisto Fabio, Vicario dell’Ordine dei Predicatori, su mandato del Papa ……approva e conferma la cappella e confraternita sotto il titolo di Santa Maria del Rosario…. (12)

Dai riferimenti archivistici appena riportati risulta quindi evidente che è tra il 1570, anno della costruzione della cappella, ed il 1579 che questa associazione viene ufficialmente costituita.

Non è certamente un caso se è proprio di questo periodo (1580 ) una ricevuta di ducati 95, somma di tutto rispetto in quell’epoca, per una commessa relativa all’allestimento del nuovo altare.

La ricevuta in questione è di Rinaldo Cavalluccio, pittore fiammingo residente in Napoli ……per l’intiero prezzo del quadro seu icona del Ss.mo Rosario……. opera riportata con maggiori dettagli nel manoscritto contenente vari documenti spettanti alla Cappella e Confraternita del Ss.mo Rosario dove fra l’altro, a proposito della confraternita, si legge :

…….10 ottobre 1686 (pg.91)….la cappella del Ss.mo Rosario e suo altare sta situato dentro la collegiata a man desta, sotto un arco del campanile ed è alto palmi quattro con la sua pietra benedetta; sta superiore al pavimento della Chiesa un palmo e viene racchiuso da un palaostro di legno. Appogiato (!) a detto altare vi è un quadro di legno sopra al quale sta dipinta madonna del Rosario, San Domenico et altri santi e sante con l’ornatione intorno di quindici misteri, divisi da nicchietti indorati, con due colonne di legno che lo reggono, campeggiate d’edera indorata, in piedi del quale vi sono l’arme dell’Università, con altri abbellimenti in pittura e sopra vi è una volta appoggiata; sopra detto quadro vi è dipinto il Padre Eterno…..

La cappella ha similmente alcuni seditori di legno appoggiati al muro……non vi sono in detta cappella reliquie di santi……nel sito della cappella vi è una sepoltura distante dall’altare (13)……..la suddetta confraternita non ha stendardi e li molletti o rocchetti de’ confrati sono negri coll’immagine della Madonna del Ss. Mo Rosario alla spalla dritta,,,,,,,,,… (14)

Intanto, il 26 aprile 1689 la confraternita ottiene dal Cardinale Orsini la fondazione canonica e, secondo il disposto di Papa Clemente VIII, viene prescritto che …..da confrati si debia eligere il priore…..il quale così eletto non eserciti il suo ufficio sotto pena di scomunica, se non sarà dal vescovo confermato…      

          

12 - Poiché molti ignorano il significato dell’iscrizione contenuta nella lapide posta su di portale adiacente la nostra Chiesa collegiata, è bene ricordare che la data del 15 febbraio 1579, si riferisce proprio al riconoscimento della Confraternita da parte del Papa, Gregorio XIII .

13 - Si tratta, quasi sicuramente, di sepolture pertinenti alla famiglia "Giglio" la quale, per ragioni a noi ignote, vantava in antico un ius sepolturae nella nostra collegiata.

14 - Molletti o rocchetti corrispondono in pratica alle mantelline indossate su una specie di saio di colore bianco.

 

E’ utile a questo punto ricordare che a proposito di fondazione canonica, il Cardinale Orsini, al fine di mettere ordine all’interno della diocesi, dove continuavano ad essere millantate prerogative spesso infondate a favore di laici ma anche di preti e chierici, e soprattutto continuavano ad esistere concessioni che si perdevano nella notte dei tempi, sospese tutte le fondazioni e i benefici ( in pratica trattenne tutte le rendite ) invitando i titolari a presentare nuovamente gli atti di fondazione e tutti i documenti che potessero attestare l’esistenza di associazioni o enti di tipo ecclesiastico; atti e documenti che potessero dimostrare l’attribuzione di particolari privilegi o prerogative, specialmente economiche.

E’ a seguito di ciò che il 26 aprile 1689 Orsini concede alla nostra confraternita la fondazione canonica la quale, è bene specificarlo, sotto il profilo formale già esisteva da epoca precedente.

Con la fondazione canonica veniva tuttavia conferito alla Confraternita un particolare status in dipendenza del quale l’abbandono anche della maggior parte dei componenti, od anche di tutti, non estingueva la societas la quale continuava a sussistere grazie proprio alla fondazione canonica. Il tutto insomma si traduceva in una garanzia di continuità e di riconoscimento nel tempo da parte dell’autorità ecclesiastica.

   Fu proprio a seguito di questo importante riconoscimento che il Cardinale Orsini, l’ 11 ottobre del 1704, volle nuovamente consacrare l’altare della nostra confraternita…..in medio cuius collocavit capsela plumbea digitorum quattuor, latitudinis similiter quattuor, altitudinis unius plus vel minus……in qua fuerunt reliquias Ss.mi Urbani et Narcisi cum tribus incensi granis et schedala de pergamena…..rivestita di seta rossa.

Al riguardo di questo cerimoniale è utile rammentare che a seguito del Concilio di Nicea del 787, Papa Adriano, aveva stabilito che ….. nelle chiese consacrate senza le reliquie dei santi martiri…. fosse finalmente …..fatta la deposizione delle reliquie……..

Addirittura questo Pontefice aveva disposto che …… il vescovo che consacrasse una chiesa senza reliquie, fosse……. deposto per aver trasgredito le tradizioni ecclesiastiche…….

In ossequio a questa antica disposizione voluta dal Concilio di Nicea del 787, accresciutasi poi nel tempo con ulteriori obblighi, il Vescovo Orsini consacra quindi l’altare della nostra confraternita, collocando nella mensa un piccolo contenitore per le reliquie, di solito costituite da un’ostia (con qualche pezzo di lino o cotone che fossero stati però in contatto con delle reliquie di un santo) insieme a grani di incenso.(15)

            In questo contenitore, chiamato capsella, veniva poi deposto un piccolo cartiglio quasi sempre in pergamena, contenente un testo commemorativo che attestasse la consacrazione dell’altare, con la menzione delle reliquie le quali dovevano sempre essere di santi e non di beati e almeno una di esse bisognava che fosse appartenuta ad un martire. Il cartiglio infine veniva firmato e sigillato dal vescovo. (16)

 

15 - L’altare, generalmente di pietra o marmo, è costituito da un ripiano detto mensa su cui poggia il tabernacolo, da supporti laterali detti stipiti e da un pannello anteriore detto paliotto o antependium. La capsella contenente le reliquie veniva di solito posta o nella mensa oppure negli stipiti.

16 - La capsella generalmente aveva forma di una cassetta oppure di una teca, di un cofanetto, di un lacrimatoio o di un vaso, spesso decorato con simboli o motivi di ispirazione cristiana .

 

              Naturalmente, come ogni altra associazione anche la nostra Confraternita del Rosario basava la sua vita organizzativa soprattutto sulla gestione dei beni posseduti i quali derivavano, nella stragrande maggioranza, da lasciti costituiti quasi sempre da terreni o case che, una volta ceduti in fitto, assicuravano le entrate necessarie per l’ attività caritativa.

Disposizioni testamentarie a favore di queste associazioni erano perciò molto frequenti, non ultimo per beneficiare, secondo le credenze dell’epoca, delle grazie dell’altro mondo.

            Uno degli innumerevoli esempi riguardanti proprio la diffusa abitudine di fare disposizioni testamentarie a favore di qualche Chiesa o Confraternita, è contenuto in un protocollo del Notaio Domenico Giordano ed è, a mio avviso, di grande interesse, soprattutto perché esso rappresenta molto bene la mentalità dell’epoca.

Nell’ inventario dei beni posseduti dalla Confraternita, il Notaio menziona infatti una selva, in località Cappella, ottenuta proprio a seguito di una disposizione testamentaria che si potrebbe definire a dir poco singolare.

In questo protocollo del Notaio Giordano, si legge : (17)

…….Don Giovanni Battista de Surdis ……attesta avere inteso dire per bocca di Don Carlo Vassallo che essendo andato a confessare Angela Luciano, sub ultimo di sua vita, lasciò una selva detta la Cappella, sua dote, alla Confraternita del Ss.mo Rosario…….”

       Bastò la sola volontà di questa donna, manifestata durante la confessione e raccontata dal suo confessore ad uno dei canonici della Collegiata di Altavilla, a fare sì che la Confraternita potesse impossessarsi dell’immobile.

Ovviamente un fatto tanto singolare oggi non darebbe seguito ad alcuna acquisizione ma in epoca d’ancien régime era invece prassi diffusa e rispondente al clima culturale dell’epoca.

Il capitolo XVII delle norme emanate dal Concilio di Benevento, tenuto nel 1545 dall’Arcivescovo Giovanni Casa, il futuro Papa Giovanni VIII, proibiva infatti distogliere un testatore dal fare disposizioni testamentarie in favore della Chiesa; il capitolo XV, vietava invece impedirne l’esecuzione mediante scomunica.

E ancora, anche nel sinodo della vicina Sant’Agata dei Goti, tenuto nel 1527 da Giovanni Dè Guevara, si legge riguardo ai testamenti (cap. 22) : (18)

……monimo tutti li notari et altri scriptori de testamenti che infra uno mese da po’ la morte del testatore, debia notificare al Episcopo o vero al suo Vicario lo nome del testatore et de li exequtori et distributori del testamento et dare la copia…..

Comandamo sub pena de excomunicatione che nullo contraddica violenter al testatore quando fa testamento distribuendolo et contraddicendo ut supra de alcune bone volontà tenesse in lo testare per l’anima sua ad pias causas…..”

 

17 - Protocollo del Notaio Domenico Giordano. Il manoscritto mi è stato reso disponibile dall’amica Lele Giordano che ringrazio sentitamente. In questo manoscritto è contenuta la notizia riguardante l’altare e la Confraternita del Ss.mo Rosario.

18 - Tirone, Eugenio, Costituzioni sinodali di Sant’Agata dei Goti; In : Samnium, Benevento, fascicolo nr. 3, 1977.

Confraternita del Ss.mo Corpo di Cristo

Il culto e la venerazione per il Corpo di Cristo fu voluto da Papa Urbano IV il quale con la bolla transiturus dell’8 settembre 1264 estese la festa fissandola al giovedì dopo l’ottava di Pentecoste.

Verso la fine del ‘400, la necessità di procurare il massimo decoro alle celebrazioni e grande solennità alla festività ed alle processioni, diede poi origine al diffondersi della confraternita.

   In Altavilla la richiesta all’autorità ecclesiastica per la costituzione della nuova associazione fu sicuramente inoltrata dall’Università così come avvenne anche per le altre confraternite, visto che nella descrizione degli altari o delle cappelle esistenti nella Chiesa Collegiata essi sono sempre menzionati nelle fonti più antiche con abbellimenti e coll’arme dell’Università…. .ossia lo stemma.

Si consideri che il riportare lo stemma dell’Università o di una famiglia su un altare stava sempre ad indicarne la titolarità oppure testimoniava l’attribuzione di particolari prerogative ad un soggetto, nel nostro caso l’Universitas, ossia il Comune.

A Roma, il 13 maggio 1550, anno del santo giubileo, il Cardinale Giovanni Domenico De Cupis rilascia alla Confraternita di Altavilla un transunto con le concessioni e le indulgenze già contemplate nella bolla di Urbano IV, oltre quelle stabilite da Papa Paolo III.

Il transunto in questione termina con la concessione fatta da Papa Giulio III per la costituzione della confraternita “…..ad istanza della Terra di Altavilla “.

Dopo circa mezzo secolo però, e cioè nel 1604, Papa Clemente VIII revoca la concessione, per ragioni a noi sconosciute, mentre Papa Paolo V nel 1606 la erige nuovamente “…..considerata la necessità che vi è di detta confraternita per la manutenzione della Ss.ma Eucaristia…..per la solennità e processioni del Ss.mo Corpo di Cristo, per l’oglio della lampada accesa di continuo davanti detto Ss.mo Corpo di Cristo e propriamente nell’altare maggiore di detta Chiesa collegiata di Altavilla…..”

             In data 21 aprile 1611, Paolo V attribuisce poi ulteriori indulgenze e fra queste concede …..a tutti i fedeli di Cristo, nel loro primo ingresso ( ossia al momento della iscrizione) se veramente pentiti e confessati e comunicati, pregheranno per la Concordia dé Principi cristiani, per l’estirpazione dell’eresie ed esaltazione di Santa Chiesa, indulgenza plenaria e remessione di tutti i peccati ; a tutti coloro che recetteranno i poveri o componeranno o faranno componere o procureranno la pace fra i nemici….. o ridurranno alcuno alla via della salute ed all’ignoranti insegneranno i precetti di Dio….. sessanta giorni di indulgenze…….”

Per il nostro ttore è facile immaginare  che l’attribuzione di indulgenze e soprattutto la promessa di benefici ultraterreni rappresentavano nel passato una prassi diffusissima attraverso cui la Chiesa si sforzava soprattutto di rimarcare la propria supremazia, fortemente contrastata dal potere feudale.

Questo processo veniva messo in atto soprattutto attraverso un esasperato controllo delle manifestazioni devozionali e dei comportamenti socio-religiosi tanto da ricondurre ogni cosa a pratiche nelle quali l’aspetto esteriore era non solo determinante ma minuziosamente codificato e il senso della coreografia spesso soverchiava quello religioso.

Senza andare molto lontano, si può sicuramente affermare che tutto ciò è ben documentato ad esempio in un editto del Cardinale Orsini, datato 16 giugno 1688, inviato al Parroco di Altavilla in occasione del terremoto che distrusse la città di Benevento nel quale, oltre a far riferimento al giubileo concesso da Papa Innocenzo XI alla sola nostra diocesi, vengono addirittura date precise disposizioni al nostro Parroco sul cerimoniale da seguire per poter ottenere …..indulgenza plenaria e remissione dé peccati… ” (19)

Stessa cosa è testimoniata in un altro editto del 16 dicembre 1690 dov’è addirittura contemplato il da farsi ….per chi fusse ritenuto in carcere o a letto per infermità….. nel qual caso si….. deve far celebrare messa….et confessato e comunicato ( l’ammalato o il carcerato) reciterà a qualche divota immagine il Rosario….. E alli medesimi confrati e consuore se costituiti in articolo di morte, pentiti e confessati e comunicati, invocaranno colla bocca, se potranno, il nome di Giesù, ò almeno col cuore, indulgenza plenaria e remissione dé tutti i peccati…(20)

            Seguendo poi una prassi consolidata nella diocesi di Benevento, questo esasperato controllo delle manifestazioni devozionali fu spesso imposto, specialmente attraverso un particolare richiamo : al peccato corrisponde sempre il castigo.

L'editto che segue, fatto affiggere alla porta della Chiesa di Altavilla, per ordine del Cardinale Orsini, ci offre una indiscutibile testimonianza della profonda convinzione tra la gente che il peccato generasse sempre il castigo divino. (21)

In questa fonte si legge:

…..A’ 10 gennaio 1691.

Non è ancora il terzo anno compiuto da che la divina giustizia irritata dai nostri peccati abbatté col terremoto la nostra città ( Benevento ) et appena questa comincia ad allocar il capo dalle ruine (avviene) che sente minacciato il flagello della pestilenza.

A chi castigato una volta non si ammenda, sovrasta il secondo castigo e se questo non giova, al secondo aggiunge il terzo…… Non vi fidate delle custodie messe alle porte né alle case munite ; se non è il Signore a custodire le vostre case siete in errore a volerle vigilare diversamente……. Perché tanto male, da cui non vi ha riparo, non ci prema, teniamo via la radice che è il peccato….perché da qualche gran peccato è sempre venuta la pestilenza…….

 

19 - L’editto e quelli che seguono sono contenuti in una raccolta di documenti diversi, redatti in varie epoche senza alcun titolo, facenti parte dell’archivio della Confraternita e di quello di Michele Severini, l’autore della monografia storica di Altavilla Irpina. Alcuni dei documenti consultati sono in copia autenticata, rilasciata dall’Ufficio diocesano preposto (anni 1895 e seguenti) e mi sono stati resi disponibili dall’amico Giuseppe Sabatino .

20 - Ibidem.

21 - Ibidem

 

Il testo appena citato oltre che confermare la convinzione tra i fedeli che al peccato corrisponda sempre un castigo, conferma anche una certa pratica molto radicata quella cioè delle ……custodie messe alle porte… cioè l’uso di amuleti o di erbe magiche utilizzate a protezione delle case.

Il sacerdote Palmerino Savoia, scrive al riguardo: (22)

…..Il Beneventano è la terra dove nei secoli tenebrosi dell’alto medioevo nacque la leggenda demoniaca delle streghe che ha avuto risonanza mondiale. Forse a causa di questa remota leggenda, il Beneventano è stato sempre ritenuto la terra classica delle credenze superstiziose, delle osservanze, delle pratiche di magia…… L’Orsini dalla sua cattedra episcopale tuonò sempre contro ogni forma di superstizione.

Lo fece per dovere pastorale ma da persona intelligente doveva essere convinto che le superstizioni popolari, come le erbe cattive, difficilmente si sradicano dall’animo del popolino e difatti molte di esse, in vigore nell’epoca orsiniana, esistono ancora tali e quali, altre hanno subito solo delle modifiche, delle trasformazioni ma resistono ancora validamente agli assalti del progresso, della civiltà, della predicazione cristiana………

Ora, va anche detto che il Cardinale Orsini, come dice ancora il sacerdote Palmiro Savoia “….. era uomo del suo tempo e credeva ai filtri. Lo possiamo dedurre da una lettera pastorale spedita il 14 settembre 1719 a tutte le anime pie della Diocesi per invitarle a fare preghiere per un povero ecclesiastico ammaliato…. Se vi ha cosa efficacemente valevole ad eccitare nei petti umani atti di somma compassione una si è il vedere e l’udire il nostro prossimo ammaliato, specialmente col maleficio chiamato dai teologi amatorio cioè che ad captandas delectationes carnales intendatur……Perciò siamo stati pregati di ordinare fervide e incessanti orazioni a beneficio del medesimo ( eccelesiastico ammaliato) sperandosi non solo la vera conversione di esso ma ancora la liberazione da ogni diabolico ammaliamento…(23)

 

22 - Savoia, Palmerino, L' episcopato beneventano di papa Orsini, Acerra , 1973.

23 - Ibidem. Vedi anche : Archivio di S.M. di Montefusco. Editti extrasinodali, vol. II, pag. 23-

 

Testimonianze sufficienti per comprendere che Altavilla non era certamente esclusa da questo fenomeno legato alla superstizione tant’è che, per proteggere le abitazioni, la tradizione locale consigliava l’uso di particolari amuleti (corna, ferri di cavallo, ecc) che ancora oggi si vedono sulle porte di alcune abitazioni, specie quelle rurali dove la sopravvivenza di una cultura contadina, ancora legata ad antiche credenze, è molto più radicata ed ha origini che si perdono nella notte dei tempi.

Da qui la necessità da parte del Vescovo di invitare dunque gli altavillesi a non fidarsi …… delle custodie messe alle porte né alle case munite ; se non è il Signore a custodire le vostre case siete in errore a volerle vigilare diversamente…….”

Intanto, nel 1678 Papa Innocenzo XI conferisce ulteriori privilegi alla confraternita altavillese la quale, nello stesso anno, stipula un’importante transazione con il Collegio della Chiesa Di Santa Maria Assunta di Altavilla. (24)

In questo atto, gli economi si obbligano a pagare in perpetuo ducati 23 all’arciprete ed ai canonici con l’impegno da parte di costoro di celebrare un certo numero di messe (52), oltre una messa piana per ciascuna settimana, nella cappella della confraternita ed una messa cantata ogni 3° domenica di mese.

Un altro obbligo del Collegio era poi quello di esporre periodicamente il Ss.mo Sacramento e portarlo per la Chiesa in processione, occasione nella quale i confratelli dovevano indossare la ….solita divisa con cappe, cingoli e visiere….. (25)

Il 12 ottobre 1704 il Cardinale Orsini consacra infine l’altare che, in un inventario del 1707, sappiamo ubicato …..a man sinistra entrata la porta, nella nave laterale del corno del vangelo …. dietro al quale…… si vede un suppedaneo di legnio che sostiene il quadro con figure piccole sopra tavola, rappresentanti la cena del Signore…..ed altre istorie sagre, Segue più sopra il quadro grande, sopra tavola che rappresenta la schiodazione di nostro Signore Giesù Cristo ed a pié le Marie piangenti…… (26)

Per gran parte degli altavillesi, il riferimento è chiaro, si tratta dell’opera di Donato Bruno, pittore e scultore altavillese, vissuto verso la fine del ‘500, autore anche della lunetta che oggi si vede sul portale dell’entrata laterale sinistra, della nostra Collegiata. (27)

 

24 - Il collegio era formato da sacerdoti ai quali spettava assolvere alle funzioni liturgiche più solenni nella chiesa detta appunto collegiata ;

25 - In un inventario del 1707 del Notaio Domenico Giordano risultano soltanto nove iscritti a questa confraternita. Questo dato, insieme da altri altri indizi, lasciano pensare che ad essa fossero iscritti soltanto le persone più benestanti di Altavilla o comunque quelle appartenenti ad un ceto più elevato. Probabilmente gli obblighi o le contribuzioni in danaro non erano alla portata di tutti. E infatti, non è certamente un caso se i componenti della famiglia feudataria ossia i De Capua, fossero iscritti proprio alla confraternita del Corpo di Cristo. Purtroppo questa appartenenza si tradusse ad Altavilla in una rivalità che diede origine a continue discussioni riguardo alla precedenza nelle processioni.

26 - E’ utile specificare che nel cerimoniale pubblicato da Agostino Patrizi, Vescovo di Pienza (1488) si nominò, cambiando la dicitura precedente, lato destro dell’altare detto anche corno del vangelo quello che è tale rispetto al crocefisso ed è sinistro rispetto al fedeli. Il lato sinistro dell’altare, detto anche lato dell’epistola, è invece quello destro rispetto ai fedeli.

27 - In origine questo bassorilievo era posto nella lunetta del portale d’ingresso della Chiesa di Santa Croce, quella cioè adiacente la grande porta di accesso al palazzo comitale. Rappresenta il "Cristo porta  croce".

 

Così come altre associazioni religiose anche la confraternita del Corpo di Cristo beneficiava poi di lasciti, disposti da persone pie o da fedeli devoti. Di queste donazioni, il testamento più antico ritrovato è dell’anno 1554 e riguarda un lascito di sei ducati.

La confraternita, cui competeva anche la manutenzione dell’altare maggiore, dov’era esposto il Ss.mo Sacramento, beneficiava infine, per conto del Collegio, anche di un particolare diritto, quello di incassare il ricavato di una specie di tassa che gravava sulla vendita dell’olio che i forestieri effettuavano nella cittadina.

La tassa assicurava alla Confraternita la quantità di olio occorrente per tenere sempre accesa la lampada posta sull’altare maggiore, davanti il Ss.mo Sacramento.

Questa prerogativa era stata concessa al Collegio di Altavilla dal Conte Bartolomeo de Capua il 23 marzo 1511 il quale, come si legge in una fonte d’archivio“…..dona alla Chiesa di Santa Maria….l’azione di esiggere l’oglio da quei forestieri che lo vendono in detta Terra che si dice la piazza affinché si tenghi sempre accesa la lampada avanti Giesù Cristo Nostro Signore……

Va detto che a parte il privilegio, il documento ha un suo valore e importanza in quanto attesta, senza alcuna ombra di dubbio, l’esistenza della Chiesa Assunta già alla data del 1511.

Confraternita di San Bernardino (28) 

Questa associazione, elevata da tempo immemorabile al rango di arciconfraternita, non ha documento certo sulla sua origine e fondazione, nondimeno da alcune scritture del 1524 risulta già una cappella dedicata a San Bernardino presso la Chiesa arcipretale di Altavilla.

Il 14 ottobre 1524, infatti, Giacomo Massimo di Ponte Corvo (29), vescovo di Città Ducale, viene delegato alla trattazione di alcuni affari relativi alla nostra diocesi, in sostituzione del Cardinale Alessandro Farnese, trasferito il 20 maggio 1524 da Benevento ad Ostia.

E’ in questa occasione che vengono concesse per la prima volta alcune indulgenze alla cappella di San Bernardino ….. eretta dentro la Maggiore Collegiata Chiesa di Altavilla……

 

28 - Le informazioni riguardanti la Confraternita di San Bernardino sono tratte da un manoscritto, donato alla Biblioteca di Altavilla dal Dott. Angelo Caruso, dal titollo : Indice / delle cose notabili che si / contengono nel presente / inventario. Confraternita di San Bernardino.

29 - Giacomo de Massimo o Massimo di Ponte Corvo (FR) fu Vescovo di Città Ducale (Comune della Provincia di Rieti) dal 12 dicembre 1511 fino al 1525 quando fu dimesso dalla carica.

  

Nel 1537, così come attestano le fonti d’archivio (30), la confraternita risulta già costituita e nello stesso anno, i trentuno…..capitoli di tutto quello che si deve osservare dalli confrati….. vengono sottoscritti anche dal Conte di Altavilla in segno di adesione ma anche di riconoscimento della nuova associazione da parte dell’autorità feudale.

Purtroppo, a distanza di alcuni anni inizia una lunga odissea per la nostra confraternita a seguito di una decisione di Papa Clemente VIII che il 16 dicembre 1599 conferisce la cappella di San Bernardino, sotto il titolo di beneficio, al chierico Scipione Canale (31).

Stabiliamo intanto che nel linguaggio della Chiesa il termine beneficio ecclesiastico si attribuiva a quei privilegi, che in pratica si traducevano in rendite, derivanti soprattutto da terreni o case, assegnati in usufrutto a chierici o monaci, quale ricompensa per aver ricoperto un determinato ufficio ecclesiastico oppure per aver svolto incarichi particolari.

Queste rendite duravano per tutta la vita e ritornavano nella piena disponibilità della Chiesa soltanto alla morte del beneficiario che di solito era un monaco oppure un chierico ossia una persona devota che poteva essere un giovane avviato al sacerdozio, ma nella maggior parte dei casi era un laico che, pur senza appartenere a qualche ordine, si dedicava all’insegnamento, alla predicazione, all’assistenza agli infermi, ecc. (32)

E’ facile dunque immaginare che nel concedere un beneficio ecclesiastico non si assicurava soltanto una rendita ad un soggetto ma si stabiliva un legame e soprattutto un intreccio di scambi e favori che dovevano essere poi ricambiati nei momenti opportuni.

Di fatto, nel nostro caso, proprio perché alla concessione voluta dal Papa corrispondevano rendite corpose, derivanti da beni appartenenti alla cappella di San Bernardino, il disposto induce i confratelli di Altavilla a muover lite contro questo chierico, Scipione Canale. Il ricorso viene presentato allo stesso Pontefice il quale affida la causa al Vescovo di Pozzuoli che però conferma al Canale il beneficio concesso.

I confratelli allora si appellano nuovamente al Papa e dimostrano …..di essere stati gravati dalla sentenza del Vescovo di Pozzuoli poiché intimo amico del Canale….

               Il 23 luglio 1602, Papa Clemente VIII, al fine di giungere a nuova sentenza, incarica un altro vescovo, quello dell’Isola, ossia Capo Rizzuto, il quale finalmente riconosce alla confraternita di Altavilla le sue ragioni.

La nuova sentenza costringe naturalmente il Canale a ricorrere a sua volta al Pontefice il quale affida la causa, per una verdetto definitivo, al Vescovo di Montemarano, sede suffraganea di Benevento.

 

30 - Indice delle cose notabili…… (già citato).

31 - Ibidem.

32 - Il chierico si caratterizzava esteriormente per la tonsura ossia per la rasatura tonda centrale sulla nuca che prende per l’appunto il nome di chierica.

 

Finalmente, il 20 agosto 1603 la Confraternita di Altavilla riesce a dimostrare le proprie ragioni e, con bolla di Clemente VIII, vengono sanciti ufficialmente i risultati della lite e quindi la transazione da farsi con il chierico Scipione Canale .

L’anno seguente, il 1° maggio 1604, lo stesso Papa…..essendo stato supplicato dalli moderni rettori e confrati perché se fusse degnato in futurum di non dare detta cappella e suoi beni a qualsivoglia persona di quelle ambiziose, sotto titolo di beneficio….ordina che detta cappella e suoi beni, frutti ed emolumenti in futurum non si possano dare…..né annessare né applicare a qualsivoglia luogo pio per qualsivoglia causa……

In pratica la nostra Confraternita si assicura che le rendite derivanti dai beni di proprietà della cappella di San Bernardino non siano più assegnate a soggetti esterni .

   Il 14 gennaio 1617, con bolla di Papa Paolo V, vengono poi concesse altre indulgenze alla cappella e Confraternita di San Bernardino. Segue, il 5 luglio 1633 ancora una bolla di Papa Urbano VIII con la quale…..fa l’altare privilegiato purché nella Chiesa dov’è eretto vi fussero otto messe al giorno…..

Il 17 dicembre 1658, Papa Alessandro VII riconferma l’altare privilegiato e ciò con grande giubilo degli altavillesi poiché, secondo la dottrina dei teologi “…..la messa offerta sull’altare privilegiato ha il potere di fare uscire subito l’anima dal purgatorio …..”, in pratica esso gode dell’indulgenza plenaria da applicarsi al defunto per il quale si celebra messa, fermo restando che tutti gli altari sono privilegiati il giorno della commemorazione dei defunti ( Enciclopedia Cattolica, Vol. I, pag. 925) (33).

Successivamente, così come avvenuto per le altre confraternite, anche questa di San Bernardino, il cui altare e cappella erano situati nella nostra Collegiata ….a capo della nave laterale, il 22 febbraio 1705 ottiene dal Cardinale Orsini la nuova canonica erezione .

E’ opportuno a questo punto richiamare quanto già accennato in precedenza e cioè che a proposito di canonica erezione fu il Cardinale Orsini che, allo scopo di mettere un argine ai tanti privilegi concessi a laici ma anche a preti e chierici, bloccò e sospese tutte le fondazioni e i benefici, invitando i titolari a ripresentare in Curia gli atti più antichi e ogni altro documento che potesse dimostrare l’attribuzione di particolari privilegi e prerogative, soprattutto economiche.

               Una volta ottenuto nuovamente il riconoscimento dall’autorità ecclesiastica, la nostra confraternita poté finalmente continuare ad espletare le proprie attività, quella delle processioni, delle pie riunioni, delle questue ma soprattutto quella delle messe di suffragio, in ossequio a quanto disposto per gli altari che vantavano il titolo e la condizione di privilegiati.

Secondo il regolamento, gli iscritti non potevano superare il numero di 60 e… nel primo ingresso pagavano grani 12…. (34).

 

33 - Secondo questa dottrina il purgatorio dovrebbe essere vuoto se si considera che ogni buon cattolico fa dire messa a favore dei propri defunti. E allora, qualcosa non funziona perché evidentemente c’è chi ha interesse a mantenere il purgatorio sempre pieno!

34 - Grani 12 equivalevano nel ‘6 /700 più o meno a metà giornata lavorativa di un bracciante agricolo.

 

Nulla sappiamo, invece, se fosse richiesto un periodo di noviziato né tanto meno se fosse previsto l’obbligo di versare una quota mensile oppure annua.

Purtroppo, nei pochi elenchi superstiti non vi è presenza di bambini o donne le quali tuttavia, per regolamento, dovevano essere trascritte su elenco a parte.

Si consideri che nel salernitano era addirittura prevista la possibilità di affiliare neonati oppure era lecito rifiutare ammalati o persone anziane, visti i rischi ai quali la confraternita andava incontro poiché all’ incasso di pochi grani, al momento dell’ iscrizione, sarebbe poi corrisposto l’obbligo del funerale gratis per il quale invece occorreva una spesa di gran lunga superiore.

Nella struttura gerarchica il Priore occupava ovviamente la massima carica. Esso veniva eletto dai confratelli ogni anno ed era inizialmente coadiuvato da due economi ai quali erano affidati particolari compiti di controllo. La presenza di questi due soggetti tuttavia non bastò a garantire la correttezza dei nostri bilanci perché vi furono dalla Curia continui richiami sulla tenuta dei registri contabili.

Più o meno piccoli ammanchi ma soprattutto l’abitudine di non sottoporre le voci di spesa ad una verifica da parte degli addetti rappresentarono un andazzo talmente diffuso in tutta la diocesi beneventana da indurre il Cardinale Orsini a prescrizioni molto restrittive al riguardo, prima fra tutte quella che responsabile dell’economato dovesse essere un ecclesiastico.

Una scelta, questa, quasi obbligata vista anche la situazione diffusa di degrado e soprattutto di grande ignoranza di larghe fasce della popolazione, al punto tale che molti degli economi, tra cui quelli altavillesi, presentavano le rendicontazioni annuali nelle forme più discutibili e quasi sempre firmati con il segno della croce.

E a proposito di ignoranza, si immagini il nostro lettore quale potesse essere in quei tempi il livello di scolarizzazione nelle nostre terre, sebbene Altavilla si trovasse inserita in un contesto poco degradato da questo punto di vista, grazie proprio all’attività delle confraternite e della Chiesa locale che insieme assicurarono forme di scolarizzazione ben organizzate, almeno sin dai primi anni del ‘500, come attestano le fonti d’archivio.

Tra gli obblighi più tassativi per la Confraternita vi era poi quello della sepoltura gratis di ciascun iscritto.

Il confratello morto veniva prelevato nella sua abitazione ed accompagnato processionalmente, al suono di un campanello. La cassa avanzava lungo le stradine tortuose del paese, trasportata su di una specie di barella detta cataletto, rivestita di stoffa, ricamata con le insegne della confraternita.

Ogni affiliato aveva l’obbligo di presenziare al rito funebre del confratello morto ed accompagnarlo indossando …..il solito abito col cappuccio bianco e colle mozzette di colore cinericio…..

Peculiarità di questa Confraternita era poi il fatto che durante la messa di requiem il cappuccio dovesse sempre coprire il volto di ogni confratello, a differenza di quanto avvenisse nelle altre associazioni dove la tradizione invece imponeva il contrario.

Gli eredi ed i familiari dell’ iscritto poi ……. godevano, in caso di morte, degli stessi benefici, con il solo obbligo del pagamento di carlini cinque e mezzo al Collegio, in luogo delli diciassette che erano obbligati a pagare gli altri cittadini…..

Un ulteriore peso a carico dei familiari del defunto era infine …..la contribuzione per le candele usate (durante il rito), dell’avanzo delle quali ne spetta la metà alla Confraternita, per convenzione avuta à 30 maggio 1578 e l’altra metà al Collegio……(35)

In particolare, si legge nella nostra fonte d’archivio: …confrati, mogli e figli siano esenti dal pagamento dei mortori ed il Clero sia tenuto celebrare il divino ufficio gratis ; verum le candele siano tenuti darle gli eredi secondo il solito, attorno al letto mortoro e quelle che resteranno dopo detto l’officio, se le dividano la metà al Clero e metà a detta Cappella…..e se mancasse il Clero di celebrar ut supra s’abbia a far escomputo dell’infrascritti docati sedici….. (che) detta Cappella paga in perpetuum al Clero…. in tre rate, alla metà di agosto, Natale e Pascha del quale prezzo se ne habbia a comprare tre para di torcie di cera bianca, di peso di libre cinque il paro…..

Un ultimo beneficio di cui godevano i confratelli, insieme ai loro familiari, era poi …..l’esenzione del pagamento di carlini due che esigge detta Confraternita nominati il male delitto….. cui invece erano obbligati tutti gli altri cittadini ……ad eccezione dei bambini fino a sette anni…..

La contribuzione del male delitto, della quale beneficiava anche la Confraternita del Corpo di Cristo, fu voluta dal Cardinale Orsini, per decreto del 9 ottobre 1714, in considerazione del fatto che sulle due Confraternite altavillesi era gravato l’onere della spesa occorsa per rifare il cimitero sottostante la nostra Chiesa collegiata.

   La convenzione, stipulata nel 1578 con atto del Notaio Giacomo de Simone di Altavilla, prevedeva fra l’altro che ….il R.do Clero andasse processionalmente nel dì di San Bernardino nella cappella sita al ponte di bascìo (ponte dei Santi ) ed ivi dire una messa…..purché non vi sia legittimo impedimento…… et un’altra messa nella cappella costrutta dentro la Chiesa collegiata…… (36)

Questo importante documento testimonia quindi non solo che nel 1578 esisteva già una cappella dedicata al Santo, in località Ponte, ma in più ci offre la possibilità di risalire alle radici di una antica tradizione che ancora sopravvive, quella cioè di recarsi con grande partecipazione di fedeli presso questa cappella campestre, prelevare la statua e poi condurla processionalmente in paese dove, al passaggio del Santo, si lascia cadere dai balconi una pioggia variopinta di petali di rose .

E’ facile immaginare che in passato la festa e la processione costituivano quindi l’occasione intorno alla quale erano appuntati gli sforzi maggiori da parte della Confraternita, così che questi eventi si svolgevano sempre in pompa magna e attraverso un cerimoniale dal quale doveva evidenziarsi non solo la gerarchia interna ma anche l’importanza della confraternita rispetto alle altre.

 

35 - Indice delle cose notabili…… (già citato).

36 - Archivio di Stato di Avellino. Protocolli notarili. Notaio Giacomo de Simone.

 

E al riguardo, servendoci del dettagliato elenco delle suppellettili processionali, così come riportato nei documenti d’archivio, possiamo immaginare e ricostruire abbastanza fedelmente lo scenario.

Il corteo veniva sicuramente aperto dal gonfaloniere il quale portava …lo stendardo di damasco verde colla crocetta indorata….. Seguiva un confratello con la croce processionale d’argento e, quindi, un altro confratello….con uno lobaro di damasco rosso stellato d’oro….. (37)

Avanzava, poi, il Priore ….con il suo bastone priorale di legno… ed alle sue spalle, un portatore …col crocefisso processionale su pannetto di damasco verde….. ed un altro confratello….con uno labaro di drappo verde con l’effige della confraternita ricamata….

Chiudevano il corteo i confratelli….vestiti con sacchi di tela e mozzette di ermesino cenericio…. (38)

Alla processione, naturalmente, partecipava gran parte del popolo e in occasione della festa del santo…..venivano distribuite le candele alle persone devote le quali si restituiscono e ciascuno paga un grano…...

Seguiva una questua, la cosiddetta cerca col bacile.

                La vita e l’attività della confraternita non si limitava però a queste sole occasioni di parata né si manifestava soltanto attraverso quel fervore spirituale che poteva qualificarla come cenacolo di preghiera, di pie riunioni o di grandi slanci verso il prossimo. Al contrario. Vi erano infatti anche risvolti di vita quotidiana tesi al mantenimento di un prestigio acquisito ma anche ad un controllo del potere economico, se pur continuamente contrastato dalla Chiesa.

In questa ottica, uno dei privilegi della confraternita, condiviso con quella del Corpo di Cristo, era l’elezione e la nomina di un canonico in seno alla Collegiata cui ovviamente doveva seguire il beneplacito del vescovo di Benevento.

A tale privilegio corrispondeva una ricompensa al Collegio, in pratica un tributo, di venti ducati l’anno. Un altro canonico veniva invece eletto insieme alle altre tre confraternite, con la contribuzione al Collegio di ulteriori ducati trentacinque l’anno.

   Per le confraternite il potersi garantire queste nomine assicurava innanzitutto un controllo della rete beneficiale ma soprattutto un controllo della gestione dei beni della Chiesa intorno alla quale gravitava un complesso ed articolato mondo di interessi verso cui la magra e stentata esistenza dell’epoca non poteva certamente suggerire un atteggiamento di indifferenza.

Ultimo dovere per la Confraternita era poi la nomina ed il mantenimento del maestro della scola pia, impegno al rispetto del quale erano chiamate anche le altre confraternite, sebbene in misura ridotta.

E così come la presenza di un canonico, all’interno della Collegiata, garantiva un controllo sugli affari della Chiesa, allo stesso modo anche il gestire la scuola locale, detta scola pia, determinava uno stretto legame con la futura classe di guida del paese poiché l’accesso a questa sorta di scuola pubblica era riservato a fanciulli nominati dalle singole confraternite, sebbene in misura diversa.

 

37 - Il labaro era una specie di drappo ricamato, solitamente quadrato.

38 - Le mozzette erano le mantelle indossate su una specie di saio.

 

Del numero complessivo degli allievi, ben dieci erano di nomina della Confraternita di San Bernardino e ciò….in esecuzione del legato del quondam Giovanni de Leo, dell’anno 1649….il quale lasciò erede universale e particolare la laical cappella di San Bernardino….

In questa disposizione testamentaria, il de Leo aveva inoltre stabilito ….che i suoi beni ereditari la cappella e suoi Mastri presenti e futuri non possano mai in futurum et in perpetuum quelli vendere, alienare e permutare ma sempre debbiano stare in potere di detta Cappella e nelle case poterci l’effige del glorioso San Bernardino per sua futura memoria….

Il de Leo aveva infine ordinato che “….dopo sua morte li Mastri e Priori di detta cappella presenti e futuri, in perpetuum, debbiano eleggere un maestro di scola, idoneo e perfetto Grammatico, Logico et altre bone dottrine….. e a detto maestro di scola eligendo se li pagano di detta sua eredità ogni anno docati ventiquattro, cioè carlini venti in fine di ogni mese e darli una camera di esso testatore ad arbitrio de Mastri e Priore gratis, ed un letto gratis, con conditione che detto maestro eligendo debbia tenere dieci poveri figliuoli gratis erigendi e nominandi…..alli quali figliuoli prò una vice tantum ad ognuno di essi debbiano dare nelli tempi debiti un quinterno di carta, e se non saranno usciti di scola di bona grammatica non se possano eleggere altri di essi e così continuare in perpetuo e morendo ciascuno infra tempora, se possa eleggere un altro in suo luogo, in perpetuo….

Soltanto per pura curiosità aggiungo che questo interessante testamento, frutto di una visione della vita estremamente lungimirante ma soprattutto frutto di un profondo sentimento di solidarietà verso i meno fortunati, termina con l’inventario dei beni posseduti, tra cui case, terreni, mobilio e con l’assegnazione di una dote a favore di certa Catarina Polidoro, donna nei confronti della quale il testatore mostra, per ragioni a noi sconosciute, sentimenti di gratitudine e riconoscenza.

L’ultima disposizione testamentaria infine è quella di utilizzare la somma di ducati cinquanta, da conseguire da alcuni debitori, per….la costruzione di una campana, coll’arme (ossia lo stemma) di esso testatore e di detta cappella…..

Ora, di fatto, si può affermare che questa disposizione testamentaria rappresenti per Altavilla il punto di svolta per ciò che attiene la nascita e l’organizzazione della scuola pubblica sebbene non poche risorse fossero destinate in paese all’ istruzione, almeno dalla prima metà del ‘500, così come attestano le nostre fonti di archivio.

E’ in questa visione lungimirante dell’esistenza ed è soprattutto nella consapevolezza che solo l’istruzione riscatta dal bisogno e dall’ignoranza, che il de Leo obbliga la confraternita non solo ad assicurare un alloggio al Maestro ma anche di provvisionarlo ossia stipendiarlo con ventiquattro ducati l’anno, somma di tutto rispetto per l’epoca ; non ultimo dispone quanto necessario perché sia garantito agli scolari addirittura un quinterno di carta per scrivere e far di conti.

Da un’istruzione considerata un lusso, che non tutti potevano permettersi anche per il fatto di non essere obbligatoria, si passa in pratica ad Altavilla ad una scolarizzazione organizzata e sempre più diffusa, a differenza di quanto avvenisse nella maggior parte dei nostri paesi dove, in generale, si continuò a garantire l’istruzione ai soli ceti privilegiati e a trascurare quella dei meno abbienti ai quali veniva riservato il solo catechismo.

Nelle piccole realtà come quelle del meridione esistevano infatti soprattutto scuole parrocchiali che si limitavano a livelli molto bassi d'istruzione, scuole che non svolgevano programmi sistematici e che non riuscirono ad incidere in profondità e arginare l'analfabetismo, presente in larga misura anche nelle classi più ricche. (39)

            Naturalmente, in queste scuole parrocchiali il centro del sapere restava sempre la Bibbia sicché la teologia veniva considerata la materia più importante alla quale erano poi subordinate tutte le altre discipline, prima fra tutte la grammatica che educava non solo alla correttezza del parlare e dello scrivere ma anche allo studio degli autori classici; seguiva poi la logica che comprendeva la filosofia ma anche la matematica e l’algebra.

A parte tutto ciò resta tuttavia il fatto che, ad iniziare dal decennio francese (1806-1815), per poi proseguire fino a tutto l’800, si ricade, e non soltanto ad Altavilla, in un analfabetismo di ritorno, sebbene l’istruzione sia riconosciuta come uno dei pilastri fondamentali del nuovo Stato.

Anche nell’Italia post unitaria, alle buone intenzioni non seguirono infatti disposizioni concrete a favore della scolarizzazione di massa, sia per l’impossibilità di procedere alla repentina sostituzione dell’apparato statale agli organismi religiosi, i quali nel bene o nel male si erano preoccupati da sempre delle scuole, ma soprattutto per la difficoltà di poter disporre di risorse finanziarie adeguate agli scopi prefissati.

Non è certamente un caso se per tutto l’800 la frequenza con la quale, anche ad Altavilla, vengono sottoscritti con il segno della croce gli atti pubblici, contrariamente a quanto ho potuto verificare in epoca precedente, trova una legittima spiegazione che consiste proprio nella permanenza di uno scenario di sbandamento e degrado che caratterizza gli anni successivi all’Unità.

E per concludere, va infine detto e consegnato alla memoria storica che l’attività della Confraternita si esplicava anche attraverso l’assistenza e la beneficenza verso i poveri e i diseredati.

In un’epoca funestata da epidemie, carestie e soprattutto miseria, il dispensare elemosine o il potere offrire occasioni di lavoro, necessario per la manutenzione ed il governo dei beni posseduti, si traducevano per molti nelle uniche fonti di reddito o sostentamento e consolidavano uno stato di sottomissione dei meno abbienti verso queste associazioni.

 

39 - Nei disposti delle poche visite pastorali superstiti, svoltesi ad Altavilla, vi sono da parte del Vescovo apprezzamenti ed encomi per l’alto numero di alunni iscritti a queste scuole ( a metà ‘700 erano oltre duecento su una popolazione di circa 1800 individui) ma contestualmente vi sono duri rimproveri ad alcuni sacerdoti considerati degli illetterati ossia ignoranti. In : Archivio Michele Severini (collezione privata di Giuseppe Sabatino).

 

Le frequenti elemosine venivano concesse soprattutto a persone anziane o inferme, oltre che a giovani fanciulle del paese, perché potessero acquistare una gonnella o lo stretto necessario per la sopravvivenza. Ovviamente tutto si traduceva in occasioni cui si attribuiva un’enfasi tutta particolare. Non è sbagliato tuttavia affermare che in molte famiglie mancava anche il necessario per potersi permettere un abitino se pur modesto.

A parte le piccole e modeste elemosine, il prestigio maggiore per la Confraternita derivava comunque dall’assegnazione di doti di maritaggio ossia dal conferimento di beni immobili o danaro a giovani fanciulle povere perché potessero sposarsi.

La Confraternita di San Bernardino, a differenza delle altre, la cui disponibilità finanziaria era molto più limitata, poteva infatti annualmente disporre di un appannaggio di circa cinquanta ducati da destinare a qualche fanciulla altavillese, somma considerevole se si pensa che lo stipendio annuo del maestro della scola pia fosse di ventiquattro ducati.

E mentre in altri paesi il regolamento per l’assegnazione della dote solitamente stabiliva una certa preferenza a favore delle figlie dei confratelli, in Altavilla invece la ….società ha costumato fare ogni anno uno maritaggio di una povera donzella vergine, nativa di detta Terra…..più avanzata di età et alla più istruita nella dottrina cristiana e colla conditione di avere vissuto onestamente prima del maritaggio…..

La dote prevista per affrontare il matrimonio, la cui cerimonia doveva sempre ricadere in occasione della festa del santo, veniva ogni volta assegnata con atto notarile, necessario perché la Confraternita potesse cautelarsi in caso di particolari evenienze. La preoccupazione maggiore infatti riguardava l’ipotesi che la donna "dotata" sciogliesse il matrimonio oppure, in caso di morte, non lasciasse …..figli legittimamente procreati dal suo corpo…. In casi di questo tipo, la quasi totalità dei beni assegnati doveva ad ogni costo ritornare nella piena disponibilità della Confraternita .

Perché ciò potesse avvenire senza difficoltà venivano contemplate, negli atti notarili di assegnazione della dote, tutte le garanzie possibili, specialmente quelle di tipo ipotecario oppure fideiussioni da parte di garanti.

Ora, in conclusione, mi permetta il lettore un’ultima considerazione : il richiamare l’ attenzione su questi aspetti materiali della vita religiosa in Altavilla, può apparire un’operazione irriverente o dissacrante ma di certo il mio interesse è stato quello di evidenziare che la matrice di queste associazioni fu sì sostanzialmente religiosa ma nel contempo non fu priva di connessioni con il vissuto quotidiano e sociale del momento. Le confraternite non erano un frutto astratto, fuori dalla vita materiale ma si radicavano e diffondevano in un contesto ben definito. Ne consegue che una lettura in chiave esclusivamente religiosa o in chiave strettamente sociale non avrebbe colto fino in fondo la storicità del fenomeno fatto di ricchezza interiore ma anche di povertà e, in quanto vicenda umana, su di essa ho solo tentato di non dire nulla di falso ma al tempo stesso di non tacere nulla di vero….(40) 

 

40 - Papa Leone XI I I .LOGOridotto